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Per raccogliere voti non servono bandiere

Vedere Ricci sventolare quella bandiera non è soltanto qualcosa di infelice: è una mancanza di rispetto verso i marchigiani e verso la nostra stessa identità

Per raccogliere voti non servono bandiere
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Caro direttore Feltri,
vorrei chiederle un parere sulla vittoria di Francesco Acquaroli nelle Marche. La sinistra, con Matteo Ricci candidato, sembrava convinta di poter ribaltare la situazione, forte anche delle piazze animate dalle ultime proteste e dalle campagne pacifiste a favore della Palestina. Ricci, addirittura, si presentava ai comizi con la bandiera palestinese, sventolandola o portandola sulle spalle. Non sarà stato proprio questo atteggiamento a segnarne la sconfitta? Non è forse paradossale che un candidato italiano, in Italia, si presenti con una bandiera straniera e per giunta controversa, invece di parlare dei problemi dei cittadini marchigiani?
Lei cosa ne pensa?

Lucia Crimi

Cara Lucia,
la vittoria di Acquaroli non mi stupisce affatto, così come non mi sorprende la sconfitta di Matteo Ricci. La sinistra vive da anni di un riflesso condizionato: agita lo spauracchio del fascismo, si illude che la parola pace basti a guadagnare consensi, pensa che sventolare bandiere esotiche sia sinonimo di modernità e di impegno civile. Peccato che i cittadini non siano più disposti a farsi incantare da queste liturgie retoriche. Lei cita giustamente la bandiera palestinese. Io non ho nulla contro chi simpatizza per una causa, ma se un uomo si candida a governare una regione italiana, mi aspetterei che mostri orgogliosamente il tricolore, non il vessillo che, oltre a rappresentare un popolo, oggi è brandito anche da Hamas, cioè da un'organizzazione terroristica che ha insanguinato il Medio Oriente. Vedere Ricci sventolare quella bandiera non è soltanto qualcosa di infelice: è una mancanza di rispetto verso i marchigiani e verso la nostra stessa identità. Se sei candidato nelle Marche, dovresti parlare ai marchigiani, non ai militanti dei centri sociali. Ed è proprio qui che sta la radice della sconfitta. La sinistra ha smesso di parlare al Paese reale. Non affronta i problemi concreti: il lavoro, la sanità, i servizi, la sicurezza. Preferisce campare di slogan, evocare fantasmi del passato e schierarsi su questioni internazionali che, pur importanti, non toccano la vita quotidiana di chi deve arrivare a fine mese. In campagna elettorale Ricci si è messo a parlare di Gaza, di immigrati, di cause lontane, come se i marchigiani non avessero già abbastanza guai. Nel frattempo, Acquaroli ha parlato dei problemi della regione, ha mostrato di avere i piedi per terra e ha raccolto i frutti.

La sinistra insiste a combattere contro qualcosa: contro il fascismo, contro il centrodestra, contro l'onda nera che non esiste. Ma non si vince mai contro: si vince per. Per un progetto, per delle soluzioni, per dare risposte. Questo la sinistra lo ha dimenticato e paga il prezzo di questa cecità. Quanto alla bandiera palestinese, aggiungo che non è un simbolo di libertà, come qualcuno vorrebbe far credere. Rappresenta un popolo, certo, ma viene usata anche da chi predica odio e morte. È un vessillo che divide e che porta con sé un messaggio ambiguo, tutt'altro che pacifico. Un candidato italiano che si presenta con quella bandiera, invece che col tricolore, manda un segnale devastante: sembra dire che la causa di un popolo straniero viene prima dei problemi dei suoi stessi elettori. Non è solo un errore politico, è una vera e propria gaffe culturale.

Perciò la risposta è semplice: Ricci ha perso perché ha sbagliato prospettiva. Ha preferito mostrarsi solidale con Gaza anziché con Fermo, Ancona o Pesaro.

Ha pensato che bastasse sventolare simboli per raccogliere voti, ma la gente non si fida più di chi parla di ideali astratti e dimentica le questioni concrete che interessano una comunità locale. La sinistra dovrebbe fare un esame di coscienza, ma non lo farà: continuerà a vivere di slogan, di utopie e di accuse al fascismo. E continuerà a perdere. Inevitabilmente.

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