
Matteo Renzi, il politico più di destra fra quelli di sinistra, ci è sempre piaciuto. Come talento, intuito e visione, non si discute: pur considerando il basso livello della concorrenza, è il migliore; anche a farsi del male, purtroppo. Ed è il motivo per cui non ci facciamo scappare una sua intervista o un discorso o un libro. Infatti non vediamo l'ora che arrivi il 18 marzo quando uscirà la sua nuova attesissima «fatica», come si dice in gergo; e la fatica di solito è del lettore. Comunque. Si intitola L'influencer, con la «r» stampata al contrario, come fanno sempre quelli che vogliono raddrizzare il mondo, ed è un libro «su Giorgia Meloni, il governo e quello che servirebbe al Paese». Però non abbiamo capito se l'influencer sia lei o lui.
Però è curioso. Come ci ha fatto notare un amico, Giorgia Meloni fonda un partito nel 2012, prende il 2%, si fa dieci anni di opposizione, poi vince le elezioni, diventa presidente del Consiglio, il suo governo rischia di diventare uno dei due-tre più duraturi della storia della Repubblica e oggi secondo i sondaggi veleggia attorno al 30%. Matteo Renzi invece è stato eletto nel Pd, è diventato premier con giochi di Palazzo, è stato liquidato dagli italiani al referendum, si è dovuto dimettere e alla fine ha fondato un partito che conta zero.
Una cosa è fattuale, un'altra è
fatturare.Bene. Come è possibile che uno passato dal 40 al 2% pretenda di dare consigli a una che è passata dal 2 al 30%, ecco: in questo - capirete - sta l'interesse del libro. Che non leggeremo perché ti vogliamo bene, Matteo.
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