La rivolta delle miss Italia contro l'ayatollah Boldrini

La rivolta delle miss Italia  contro l'ayatollah Boldrini

F inalmente il Paese sembra aprire gli occhi e dedicarsi alla vera emergenza nazionale, priorità assoluta colpevolmente lasciata sullo sfondo in questi tempi di banalità marginali, tipo i naufragi di Lampedusa e la legge di Stabilità. Scossi improvvisamente dal torpore, se Dio vuole affrontiamo con il ben noto rigore il primo dei problemi: Miss Italia.
Sembrava tempo fa che la presidente Boldrini, terza carica dello Stato e vestale della dignità femminile, fosse riuscita a metterci sopra la pietra tombale, dopo troppi anni di sfruttamenti e di umiliazioni. Ancora risuona la veemenza del suo anatema: brava la Rai a cancellare la squallida esibizione di carne umana dal suo palinsesto. Per la verità - ammettiamolo - a noi cinici era passata subito per il cervello l'idea che la Rai per vocazione culturale cancelli solo quanto non rende più in pubblicità, e che credere in una sua emancipazione etica sia come credere agli asini volanti. Ma la stessa presidentessa aveva subito sgombrato il campo dal disfattismo, aggiungendo parole di fuoco: «Solo il due per cento delle donne in tv parla ed esprime pareri. Le altre sono mute, a volte svestite. Basta. Le ragazze italiane devono poter andare in televisione senza sfilare con un numero. Hanno altri talenti».
Dopo la condanna ufficiale, il silenzio totale. Di Miss Italia non osava parlare più nessuno. Politicamente corretto considerarla una pagina cupa del nostro costume, e pazienza se per più di settant'anni tutti quanti si erano allegramente sintonizzati sui giovani lombi in gara. Come sul Festival di Sanremo, come sul Giro d'Italia. Come su tutte le ricorrenze televisive sinceramente popolari della nostra storia.
Alla resa dei fatti, però, ci si accorge che la pagina non era per niente chiusa. La patron (o matron?) Patrizia Migliarini, dopo lungo travaglio, spadella in questi giorni a Jesolo la nuova edizione della discussa rassegna, ed è subito caos. Prima foto ufficiale delle 186 prefinaliste (nessuno mi chieda che cosa siano le prefinaliste, perché proprio non ne ho la più pallida idea), prima dichiarazione di guerra alla Boldrini: tutte in maglietta con la risposta scritta al suo anatema di stampo talebano, «Né nude, né mute». Le ragazze sventolano in faccia alla sacerdotessa il famoso orgoglio bellista, quel sistema di idee e di valori (pure di chiacchiere) che rivendica alle belle il diritto di essere brave, simpatiche, intelligenti, e comunque pienamente donne, e comunque totalmente libere di decidere cosa fare della propria vita.
Naturalmente anche su questo tema etico il Paese è spaccato. Ad un estremo il boldrinismo che vede la donna con pari dignità, fino alla presidenza delle Camere, all'altro estremo il ciarpame che si ostina a vedere la donna occupata solo in tutt'altre camere. Nel mezzo vorrebbero stare le miss, per niente appiattite sulle proprie fortune fisiche, convinte di essere belle persone prima ancora d'essere belle donne. Soggetti e non oggetti. Che ci riescano, è da verificare: troppo vasta la casistica delle oche disposte a tutto per arrivare. Ma quanto meno, al giorno d'oggi, le virtuose Boldrini dovrebbero loro un minimo di rispetto. In dosaggi equi, come se lo meritano tutti, santi e dannati (personalmente, a Miss Italia ho faticato molto di più a rispettare certi genitori che certe figlie).

Piuttosto, la presidentessa potrebbe dire qualcosa su questo cambio di canale della manifestazione. Adesso è su La7, la rete che piace alla gente che piace, come lei. Ma non s'era detto che solo lì fanno la tv intelligente?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica