Milano Le primarie per orientare la bussola, impazzita per i troppi scandali. La Lega a trazione maroniana detronizza definitivamente il padre fondatore e incorona con un plebiscito Matteo Salvini. A lui vanno 8.162 voti dei militanti pari all'82 per cento. Umberto Bossi, l'unico sfidante, rimedia un misero 18 per cento, fermandosi a quota 1.833 preferenze. Davvero, si volta pagina: il parricidio è compiuto.
Saranno pure miniconsultazioni rispetto a quelle che vanno in scena oggi a casa Pd, ma consegnano a Salvini un consenso che probabilmente Matteo Renzi non raggiungerà. Alle 18 Bossi capisce che l'impossibile rimonta di cui si era favoleggiato nelle ultime ore non c'è stata. E lascia la sede di via Bellerio. Quello che aveva da dire l'aveva già dichiarato al momento del voto: «Le primarie servono per cambiare. Sono stati fatti troppi errori», è arrivato il momento del ricambio generazionale. Anagrafico. Prima di andarsene l'Umberto apre però al giovane vincitore: «Continuerò a lavorare per la Lega». Il rischio scissione, ventilato dai fedelissimi, per il momento è scongiurato. Anzi, con una punta di ironia il presidente del Carroccio si mette elegantemente a disposizione: «Io mi terrei stretta una persona che ha sempre lavorato».
Roberto Calderoli fornisce in breve la contabilità della giornata, a suo modo storica per un partito così carismatico: «Ha votato il 60 per cento dei militanti chiamati alle urne, 10.221 su 17.059 elettori. Il risultato ci soddisfa: le urne, a parte Bergamo, erano posizionate solo nelle città capoluogo di provincia e molti leghisti hanno dovuto affrontare viaggi anche lunghi per raggiungerei i seggi».
Salvini dunque succede a Maroni di cui era il vice. La linea è chiara: «Opposizione durissima al governo di Roma e al governo dell'Europa. La Lega deve stare in mezzo alla gente, la Lega sta con il movimento dei Forconi e con gli agricoltori. La Lega combatterà anzitutto sul tema del lavoro. La riforma Fornero, ad esempio, è una vergogna. E faremo di tutto per cancellarla».
La Lega è al suo minimo storico e Salvini sa che la partita per uscire dall'angolo non sarà facile. Dunque porge il ramoscello d'ulivo all'ingombrante sfidante: «La prima telefonata la farò a Bossi e gli dirò eccomi qui, lavoriamo insieme».
Chissà cosa accadrà nella realtà. Maroni, dalla Scala twitta la sua felicità: «Bravo Salvini, con te comincia il futuro della nostra grande Lega».
Il neosegretario sparge entusiasmo, ma in realtà dribbla le domande più impegnative e affronta con cautela i temi più politici: «La squadra che faro? Conosco solo una squadra: il Milan». Ci vorrà una riflessione prima di comporre lo staff. Intanto, nessuno strappo: «Andremo avanti con le alleanze che già funzionano». In Lombardia, in Veneto, in Piemonte. Poi, par di capire, si navigherà a vista: «Alle prossime elezioni ciascuno sarà libero di fare come ritiene: andare al voto in solitudine, appoggiarsi ad una lista civica, tessere una nuova alleanza con il centrodestra». Soprattutto si navigherà in Europa, quell'Europa che l'europarlamentare Matteo Salvini conosce bene: «Domenica prossima al nostro congresso di Torino», che dovrebbe ratificare i risultati delle primarie, «ci saranno gli svedesi, ci saranno i russi, ci saranno rappresentanti di tante nazioni, dovrebbe esserci anche Marine Le Pen. Faremo un tratto di strada insieme con chi vorrà aiutarci a smantellare questa Europa e a costruirne un'altra nuova. Siamo stufi di questi signori che ci dicono come dobbiamo fare il formaggio, cosa dobbiamo mangiare a colazione e pure come dobbiamo suicidarci».
Persa la battaglia contro Roma ladrona, ne comincia un'altra contro Bruxelles. «Avremo tempo - ironizza il segretario - credo che il governo Napolitano durerà a lungo. Temo che non andremo al voto tanto presto». Ci sarà lo spazio per fare opposizione e per ricostruire il movimento. Ma sul tema esplosivo del'impeachment a Napolitano, Salvini oscilla e frena: «Lo firmerei anche domani mattina», afferma d'istinto.
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