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Sbarchi, ius soli e ideologia. Neanche l'Italia è al sicuro

I fatti francesi anticipano ciò che può accadere nel nostro Paese: i nodi di immigrazione e accoglienza

Sbarchi, ius soli e ideologia. Neanche l'Italia è al sicuro
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Noi italiani, governo compreso, faremmo meglio a non guardare con compiaciuta soddisfazione ai disordini delle periferie francesi. Quanto accade nelle «banlieue» di Macron rischia, infatti di rivelarsi solo l’anticipazione, o il presagio, di un male pronto a contagiare anche noi entro pochi anni. All’origine dell’incendio francese vi è lo stesso innesco ideologico disseminato, al di qua e al di là delle Alpi, da una cultura di sinistra, cara al Pd di Elly Schlein, in cui il neo-marxismo si mescola con globalismo e pensiero, politicamente corretto, di Ong e organizzazioni umanitarie. Un contesto ideologico in cui l’accoglienza senza limiti è un dogma che non prevede né l’integrazione dei migranti, né la distinzione tra chi ha diritto ad esser aiutato e chi viene solo a cercare fortuna. O, peggio, a delinquere.

Ma in Francia, come Italia, si è anche fatta strada la complicità contro-natura tra la sinistra dei diritti e un islamismo radicale deciso a negare i diritti delle donne e a recintare i fedeli in comunità separate, impermeabili alle leggi Stato e alle forze di sicurezza. Di seguito è arrivato il tentativo, riuscito in Francia, bloccato qui da noi, d’imporre quello «ius soli» che trasforma in cittadini a pieno titolo i figli dei migranti nati nella Repubblica. Una legge diventata la filiera dei cosiddetti «francesi sulla carta» ovvero quei ragazzini delle «banlieue» privi, nonostante la cittadinanza, di qualsiasi identità nazionale, ma carichi di risentimento verso lo Stato e i suoi simboli. Fin qui, fortunatamente per noi, questi capisaldi del pensiero «liberal» si sono innescati su contesti sociali diversi. In Francia la massiccia migrazione dalle ex-colonie ha creato, fin dagli anni 90, un contesto multiculturale di difficile gestione nelle periferie urbane diventate enclavi dell’Islam radicale. In questo magma persino le mosse più decise, come le leggi varate dopo il 2004 per vietare l’hijab nelle scuole hanno finito, con il fare il gioco dell’Islam radicale favorendo - con l’avallo della sinistra - la nascita di comunità separate diventate oggi i «territori perduti della Repubblica».
Territori dove, permissivismo ed egemonia delle gang islamiste hanno impedito la presenza delle forze dell’ordine e sviluppato sottoboschi criminali alimentati dai traffici di droga. A far da detonatore finale s’è aggiunto quello ius soli che ha regalato, dopo il 1998, la cittadinanza a milioni di giovani nati in quartieri ghetto dove lo Stato è sostituito dai predicatori delle moschee, dalle scuole illegali islamiste e dalle bande criminali.
Quartieri dove la «legge della strada» è preminente rispetto all’insegnamento familiare e dove gli insegnanti delle scuole pubbliche sono più preoccupati di evitare lo scontro con genitori e «rais» locali che non trasmettere gli ideali repubblicani. In questo sinistro contesto crescono le generazioni dei «territori perduti». Generazioni per cui la morte del coetaneo Nahel, ucciso da un poliziotto mentre guidava senza patente, è solo il pretesto per scagliarsi contro i simboli dello Stato e darsi al saccheggio. Ma in Italia faremmo meglio a non considerarci alieni da tutto questo. Gran parte dei flussi migratori del Mediterraneo puntano verso le nostre coste. Solo nei primi sei mesi di quest’anno 65mila migranti si sono uniti ai 600mila irregolari presenti nel nostro paese. Il tutto mentre alcune tragedie come quella di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa dalla famiglia, o quella di Michelle Causo assassinata da un coetaneo originario dello Sri Lanka a Primavalle fanno emergere il drammatico problema delle comunità separate e del degrado delle periferie in mano alla criminalità. Problemi ben conosciuti alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che rivolgendosi al Parlamento ha messo sbarchi e regolamentazione dell’accoglienza tra le questioni più urgenti.

Questioni capaci, se continueremo ad ascoltare la sinistra, di ricreare anche da noi le dinamiche che sconvolgono la Francia. Riportando d’attualità il pensiero di un Lenin pronto a «vendere ai capitalisti la corda con cui li impiccheremo».

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