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Sbarchi, per Meloni è "il mese decisivo". Spinta per l'intesa Tunisia-Fmi-Usa. Conferenza a Roma

Ieri Tunisi, oggi il premier libico A fine giugno il Consiglio Ue Ma Saied: «Basta diktat dal Fondo» Allarme arrivi per agosto

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Ieri, 6 giugno, la visita lampo in Tunisia. Oggi il faccia a faccia a Palazzo Chigi con il primo ministro ad interim della Libia, Abdul Hamid Dbeibeh. E domani, sempre a Roma, il bilaterale con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Tre tappe di una corsa in cui l’emergenza migranti – seppure con sfumature e obiettivi diversi – è uno dei principali dossier sul tavolo. Giorgia Meloni, infatti, è convinta possa essere questo il mese decisivo per provare a sbloccare l’impasse. Ed è decisa a spingere sull’acceleratore in vista del Consiglio europeo in programma a Bruxelles il 29 e 30 giugno (domani mattina, intanto, in Lussemburgo si terrà la riunione dei ministri dell’Interno dell’Ue che ha come primo punto in agenda il capitolo «asilo e migrazione»).
Di qui, la scelta del viaggio in Tunisia, che in questo 2023 è diventato il principale Paese di partenza dei migranti che approdano in Italia. Al 6 giugno, secondo i dati del Viminale, dei 51.738 sbarchi complessivi, 25.937 arrivano dalle coste tunisine, 22.462 dalla Libia e i restanti da Turchia e Algeria. Insomma, una partita complicata. Nella quale Meloni ha la speranza – ambiziosa e ardua allo stesso tempo – di farsi ambasciatrice presso i partner occidentali delle ragioni di Kais Saied, il presidente della Tunisia che da tempo chiede al Fondo monetario internazionale di sbloccare il prestito da 1,9 miliardi che potrebbe essere determinante per evitare la bancarotta di un Paese che è già indebitato per l’80% del suo Pil. Un default che farebbe ancor più lievitare il numero di migranti in fuga verso le nostre coste (che, non a caso, in questo 2023 - sempre dati Viminale sono più che raddoppiati rispetto ai 20.967 dello stesso periodo del 2022). Il tema, ovviamente, è uno dei principali punti in agenda durante le due ore di colloquio con Saied, così come nell’incontro con la prima ministra tunisina Najla Bouden. Nella speranza di cercare di favorire un avvicinamento tra la posizione della Tunisia (che chiede di sbloccare il prestito) e le ragioni di Fmi, Usa e un corposo pezzo di Ue (che vorrebbero un cambio di passo sulle riforme promesse da Saied e sulla sua deriva autoritaria e anche rassicurazioni sui rapporti tra Tunisi, Mosca e Pechino).
Così, Meloni fa professione di realpolitik. E spiega che «le nostre sono due nazioni storicamente legate» e che «la stabilizzazione del quadro politico» come «la crescita della democrazia» in Tunisia è «indispensabile anche per l’Italia». La premier fa il punto della visita tunisina in un video-messaggio di nove minuti che posta sui social, senza quindi incrociare la pattuglia di giornalisti italiani sul posto. Meloni si dice soddisfatta per la riduzione degli sbarchi di marzo e aprile rispetto ai picchi dei mesi precedenti («abbiamo fatto un ottimo lavoro insieme alla Tunisia») e ricorda come l’Italia abbia «sostenuto Tunisi nei negoziati con l’Fmi» sia «a livello Ue che G7». Cosa che Palazzo Chigi continuerà a fare, tanto che la premier fa sapere di essere pronta a «tornare presto insieme a Ursula von der Leyen» e con Saied discute di una possibile «conferenza internazionale sull’immigrazione» da tenersi a Roma. L’obiettivo è quello di aumentare il sostegno alla Tunisia con un «pacchetto di finanziamenti integrati da parte dell’Ue».

Una trattativa complessa, quella con la Tunisia, che non sembra però in discesa se una nota della presidenza tunisina fa sapere che «durante l’incontro» Saied ha comunque ribadito il rifiuto dei «diktat del Fmi» che rischiano di «far esplodere la situazione» con «conseguenze per tutta la regione».

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