Schifani vuole affossare il Cav Prima diceva: "Come Cavour"

Il capogruppo Ncd al Senato attacca: "Berlusconi? Non è candidabile alle primarie del centrodestra". Ma senza di lui la sua carriera politica non sarebbe mai iniziata

Renato Schifani in Senato chiede una sospensione dei lavori
Renato Schifani in Senato chiede una sospensione dei lavori

Una leadership liquidata in poche parole. «Silvio Berlusconi non è candidabile alle primarie del centrodestra, né è pensabile che si possa fare il premier per interposta persona». A dirlo ai microfoni di Radio Anch'io - udite udite - è Renato Schifani, attualmente capogruppo al Senato per il Nuovo Centrodestra. Uno che a Berlusconi deve all'incirca tutto. Il serafico avvocato palermitano è uno dei miracolati della prima ora del Cavaliere. Che lo candidò e fece eleggere per cinque volte in Senato (1996, 2001, 2006, 2008 e 2013) e gli garantì anche il massimo traguardo raggiunto, la presidenza di Palazzo Madama dal 2008 al 2013. Oggi tutte queste medaglie sono appannate come la memoria di Schifani, acquattatosi nel frattempo con gli alfaniani.
Schifani è sempre stato uno dei fedelissimi del Cav, pur avendo avuto per indole toni misurati a paragone con taluni più sulfurei pasdaràn di Berlusconi. Le cronache rosa narrano che al suo mentore debba anche la provvidenziale decisione di abbandonare il disastroso riporto fino ad allora esibito rassegnandosi a una più onesta calvizie. Ora però è lui a dare una sforbiciata al cordone ombelicale che lo lega al Cav, con una buona dose di ingratitudine nei confronti di chi, come lo stesso Schifani si compiacque di rivelare ai telespettatori di Domenica In qualche anno fa, gli ha dedicato anche un pezzo del parco di Villa La Certosa in Costa Smeralda a causa dell'abitudine di Schifani di rifornirla di piante dopo essersi informato attraverso sapienti spie di quali mancassero piacessero al Cav. Aneddoto che dice molto sul motivo per cui Schifani nel corso degli anni sia sempre stato nelle zone altissime della classifica dei «berluscones» più scodinzolanti. Categoria con cui ogni leader carismatico, ahilui, deve fare i conti.
C'era un tempo in cui Schifani aveva solo parole di zucchero per il suo leader. Nell'aprile 2008, quando venne eletto presidente del Senato, disse lapidario: «Berlusconi è come Cavour». Anche senza andare così indietro. Prendete l'intervento al Senato sulla fiducia al governo Letta, il 30 aprile scorso, quando parlò di Berlusconi come di un «leader che con la lungimiranza propria dell'uomo di Stato ha consentito e consente oggi all'Italia di ritrovare la strada maestra della solidarietà, della governabilità e della pacificazione anteponendo alla cultura dell'odio la cultura del bene comune». E prendete l'intervista rilasciata al Corriere della Sera all'indomani della manifestazione di solidarietà a Berlusconi avvenuta a Brescia qualche settimana dopo: «Che Berlusconi sia vittima di una persecuzione giudiziaria è innegabile, che abbia diritto di parlare al suo popolo e dire che resterà comunque in campo lo è altrettanto».
Anche nei mesi calamitosi seguiti alla condanna definitiva di Berlusconi da parte della Cassazione per il processo Mediaset, Schifani è stato tra i più strenui difensori dell'ex premier. Il 5 agosto eccolo con il suo collega alla Camera Renato Brunetta salire al Quirinale per trattare con il presidente della Repubblica sull'agibilità politica del Cav. Eccolo fare la voce grossa con il Pd: «In caso di un voto immediato della Giunta contro Silvio Berlusconi, senza aver approfondito le tante obiezioni poste da insigni giuristi, prima fra tutte quella della costituzionalità della Severino, ma anche senza aver valutato politicamente la situazione, un percorso comune diventa impossibile». Eccolo sbraitare contro il cambio delle regole che sdogana il voto palese dell'aula sulla decadenza di Berlusconi, rendendola scontata: «Nessuno si azzardi ad avallare blitz per modificare il regolamento sul voto segreto», sibila minaccioso il senatore siciliano. Poi, quando si avvicina il momento della convalida del Senato della decadenza del Cav decisa dalla Giunta, Schifani continua a urlare: «Il regolamento del Senato è stato deliberatamente violato e piegato agli interessi politici di una parte». Ma è l'ultimo fuoco di un amore alla fine.

Il 20 novembre, inizia l'inversione a U: «Purtroppo temo che tra poco il presidente Berlusconi, ingiustamente e comunque temporaneamente, non sia più candidabile. Ed è ovvio che si inizi a porre il tema della sua successione istituzionale». Un de profundis al berlusconismo. E alla coerenza.


di Andrea Cuomo

Roma

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