Meglio Inácio che Giuseppi. Un conto, nel Pd, è entusiasmarsi per Lula e postare un’artistica foto delle effusioni con il leader populista brasiliano, «simbolo di lotta e riscossa dei più deboli» (sempre a patto che non siano ucraini, poco simpatici a «O presidente»). Altro conto è incontrarsi con il più casareccio Giuseppe Conte, tanto più dopo il funesto abbraccio nella piazzaccia M5s di sabato scorso, tra il vecchio capocomico in disarmo Beppe Grillo che vestiva i panni di un Tony Negri da Bagaglino per alzare gli ascolti e Moni Ovadia che inneggiava a Putin.
Nel confuso Pd di Elly Schlein, ieri, è andato in scena questo paradosso: la segretaria ha voluto far sapere a tutti che anche lei (come il Papa, la premier Giorgia Meloni e persino il sociologo da talk show grillino Domenico De Masi) aveva incontrato il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula Da Silva, in visita ufficiale a Roma, e che con lui si era «confrontata sulle sfide comuni sui grandi temi globali: democrazia, contrasto ai cambiamenti climatici e alle disuguaglianze» (sorvolando sul tema cruciale dei nostri giorni, ossia l’invasione dell’Ucraina, visto che per Lula la colpa è «tanto di Zelensky quanto di Putin»). Intanto però si dava un gran daffare ad alzare cortine fumogene sulla possibilità di un nuovo incontro con Conte, stavolta in Molise dove Pd e Cinque Stelle sostengono lo stesso candidato governatore (imposto dai grillini). «Sarò sicuramente lì giovedì, e mi sentirò anche con Giuseppe Conte per capire se e come incrociarci», confidava a ora di pranzo Schlein. Poi però si affrettava a far precisare dal Nazareno: «Non è previsto alcun comizio comune e nessuna presenza contemporanea sul palco». Irritando il quartier generale contiano, che a sua volta replicava sprezzante: «Altro che manifestazione insieme, al massimo prenderanno un caffè se si incrociano per strada». Un imbarazzante teatrino, se si pensa che i due sono alleati in loco e sperano di esserlo in futuro anche per il governo nazionale. Ma per Schlein la questione è delicata: lo scivolone di sabato la ha fatta finire sul banco degli imputati nel suo partito, ha spezzato definitivamente la sua «luna di miele» post-primarie. E l’ha costretta ad accettare un compromesso umiliante per un neo-segretario: la sua relazione (piuttosto difensiva e astiosa) non è stata messa ai voti, per evitare una plateale spaccatura.
Ergo, l’inseguimento dei grillini proseguirà, ma con la massima cautela.
Perché la fronda interna può chiudere un occhio sugli sdilinquimenti per Lula, che in fondo sta dall’altra parte dell’Atlantico, ma sui rapporti con Conte sta con i fucili spianati, in attesa del prossimo passo falso.
Su un percorso già reso tortuoso dalle mille divisioni di merito nel partito: basti pensare alla spaccatura profonda con i sindaci Pd, schierati fermamente a favore della riforma Nordio e della abolizione dell’abuso di ufficio e quindi contro la linea della segretaria. Il dem di sinistra Alessio D’Amato, candidato alla regione Lazio e ora in uscita dal Pd, accusa: «Con questa cultura minoritaria non si crea alcuna alternativa credibile alla destra».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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