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Sconfitte pesanti, liti interne, accuse boomerang: il febbraio nero del Pd

Il ko alle Regionali, la sorpresa delle primarie, gli autogol subiti dopo gli attacchi strumentali al governo: per i dem è stato un mese terribile

Sconfitte pesanti, liti interne, accuse boomerang: il febbraio nero del Pd

Per quanto notoriamente sia il mese più breve dell'anno, il febbraio che il Partito Democratico si lascia alle spalle è stato a dir poco tumultuoso. È infatti raro riuscire ad assistere a una lunga collezione di figuracce, concentrate in così poco tempo dentro uno stesso movimento politico, come quelle che ha raccolto il Pd in quattro settimane scarse: le pesanti sconfitte elettorali alle Regionali in Lombardia e in Lazio, gli scontri interni al partito per scegliere il nuovo segretario nazionale e gli attacchi strumentali scagliati contro il governo Meloni – spesso poi ritortisi contro – l'hanno fatta da padrona nell'azione dei dem. Il successo di Elly Schlein alle primarie ha poi rappresentato il culmine dei problemi e delle contraddizioni a sinistra. Ma andiamo con ordine.

La debacle alle Regionali e alle primarie

A metà febbraio il Pd va a sbattere contro l'ennesima batosta elettorale: dopo nemmeno quattro mesi il ko alle Politiche del settembre 2022, ecco infatti che un'altra regione governata dal centrosinistra finisce nelle mani del centrodestra: il decennio di Nicola Zingaretti termina con il netto successo di Francesco Rocca, il quale stacca in Lazio l'ex assessore alla Salute Alessio D'Amato con più di 20 punti percentuali. Stessa identica sorte per Pierfrancesco Majorino, la cui candidatura a presidente lombardo soccombe irrimediabilmente contro il riconfermatissimo governatore Attilio Fontana. La nuova mappa dell'Italia vede ora la coalizione di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia amministrare 15 Regioni contro le sole 4 in mano alla sinistra; otto anni fa il calcolo era quasi esattamente l'inverso. Il Partito Democratico giustifica l'ennesimo flop tirando in ballo la forte astensione alle urne, senza rendersi minimamente conto che quello – più che un attenuante – è semmai un aggravante.

Ma niente risulta più esilarante delle pesantissime accuse che hanno riguardato tutta la fase pre-congressuale per scegliere il nuovo segretario nazionale. Tutto il mese appena trascorso ha visto la tormentatissima organizzazione per la mobilitazione dei sostenitori verso i gazebo, scenario delle primarie aperte per designare uno tra il favorito Bonaccini e la Schlein. Già la scelta di ultimare i voti nei circoli degli iscritti esattamente in coincidenza con lìapertura dei seggi nelle due regioni più importanti che dovevano scegliere il loro nuovo governatore ha del "geniale". Ma non è tanto (o meglio, non è solo) la curiosa organizzazione logistica a essere l'elemento più grave, quanto piuttosto il caos generato in Campania dal rischio di "infiltrazioni camorristiche" a Caserta denunciato dall'ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, europarlamentare del Pd e commissario del congresso regionale. Nel comune campano migliaia di tessere "farlocche", fatte allo scopo di pilotare il voto, vengono annullate da una sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e, a un certo punto il deputato, Marco Sarracino (della mozione Schlein) viene addirittura lasciato solo, quasi sotto sequestro, in un locale di Gragnano al buio e senza riscaldamenti per alcuni minuti in segno di protesta. Una scena da film thriller.

Cospito, Firenze, migranti: quante figuracce per il Pd

Che al Partito Democratico piaccia farsi piuttosto male da solo è un fatto evidente. Tuttavia la forza con la quale ha deciso poi di autodistruggersi regolarmente durante la propria attività parlamentate dell'opposizione è qualcosa che, con tutta probabilità, non ha eguali in tutto il mondo. Prendiamo per esempio caso di Alfredo Cospito, che racconta molto da questo punto di vista. Una delegazione di quattro parlamentari dem si recò poco dopo l'Epifania nel carcere di Sassari per fare visita al terrorista anarchico che era già in sciopero della fame contro il 41 bis da diverse settimane. La gran cassa mediatica che stava montando per chiedere a gran voce di togliere il regime del carcere duro a Cospito viene alimentata anche da Andrea Orlando - uno dei delegati che andarono in Sardegna - il quale in diversi post su Twitter si appellava al ministro Nordio per chiedere la revoca immediata del 41 bis. L'esplosione del caso Donzelli-Del Mastro a inizio febbraio rivelò in realtà tutte le contraddizioni del Pd e si trasformò in un boomerang per quel partito: con le dichiarazionu del deputato di Fdi, infatti, si scoprì che i quattro si erano dimenticati di raccontare che in quello stesso carcere di Sassari avevano anche parlato anche con alcuni esponenti di spicco della criminalità organizzata, come il boss dei Casalesi, Francesco Di Maio, il killer della 'ndrangheta Francesco Presta e il mafioso Pietro Rampulla. La capogruppo Debora Serracchiani si limiterà a raccontare che la visita fosse avvenuta solo "per ragioni umanitarie": "Non abbiamo mai messo in dubbio l'applicazione del 41 bis e mai chiesto la revoca del 41 bis sul caso Cospito. Abbiamo chiesto solo di verificare un suo possibile trasferimento". Peccato che i tweet di Orlando in cui si sosteneva l'opposto si possono ancora vedere online.

Una figuraccia che fa il paio con almeno altri due autogol clamorosi. Il primo riguarda quello che la sinistra ha definito come un "attacco squadrista" a due esponenti dei collettivi di sinistra davanti al Liceo Michelangelo di Firenze: si scoprirà in seguito che, più che di un'aggressione, si trattava in realtà di una rissa per motivi politici, sfociata durante un volantinaggio di Azione Studentesca. Senza poi contare il silenzio totale a sinistra quando lo scorso maggio, a Bologna, alcuni esponenti di Fratelli d'Italia erano stati assaltati da una ventina di persone dei collettivi di sinistra. Il secondo autogol è l'accusa mossa al governo di essere il responsabile politico dei migranti morti a Crotone a causa (a loro dire) del decreto Ong. Attacchi strumentali che, se si dovesse utilizzare lo stesso parametro, vedrebbero coinvolti anche molti esecutivi di centrosinistra, visto che le peggiori strage vicino alle coste italiane sono avvenute nel 2013 (governo Letta) e nel 2017 (Gentiloni). Le statistiche dell'UNHCR relative agli ultimi dieci anni sono chiare: le cifre che spiegano come morti e dispersi in mare non siano fenomeni temporalmente associabili a chi governa ora, ma purtroppo sono diventati costanti nel tempo. Il picco del 2016, per dire, non è certo attribuibile alle forze che compongono l'attuale esecutivo.

Ma, si sa, c'è solo una cosa che il Partito Democratico riesce a non perdere mai: l'occasione di tacere.

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