Scontri, cariche e minacce: il pressing degli anarchici

Roma ostaggio degli estremisti: tre fermi e due feriti. A Milano in 300 danno l’assalto al carcere di Opera

Scontri, cariche e minacce: il pressing degli anarchici

Fumogeni e petardi contro la polizia, insulti alle istituzioni; spintoni, sampietrini e bottiglie d'acqua in faccia i giornalisti. Il cocktail degli anarchici del sabato sera, tra Roma e Milano, si serve da un camioncino bianco da cui svettano casse stereo e musica techno a 160-180 bpm, e lo striscione «Al fianco di Alfredo, contro 41bis ed ergastolo ostativo». Piazza Vittorio Emanuele, cuore multietnico della capitale. Si parlano diverse lingue, nel corteo pro-Cospito di Roma. Oltre alla difesa a oltranza dell'ideologo della Federazione anarchica, la battaglia è infatti pure in difesa degli immigrati dei quartieri popolari: «Siete la nostra gente e noi siamo la vostra». Il microfono si rivolge ai tanti che gestiscono mini-market e negozi dell'Esquilino. Ma pure a quelli che attraversano il Mediterraneo. E giù accuse allo Stato «assassino» per i morti in mare. Dai microfoni partono colpi alla stampa, per aver accostato gli anarchici alla mafia. Non autorizzati, i circa 800 manifestanti di Roma stazionano a lungo, prima di snodarsi verso la zona est. «Niente rotta verso il Parlamento». E il motivo è detto: «Gli anarchici non fanno trattative con lo Stato». Ma attacchi alle istituzioni sì: «Abbiamo un presidente della Repubblica in odore di mafia». E contro il premier Meloni: «Noi siamo figli di partigiani, lei è figlia di assassini di partigiani, oggi sta assassinando Alfredo». Tra centri sociali e collettivi antagonisti, e la bandiera rossa dei Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo (Carc), anche esponenti No Green Pass che distribuiscono i loro volantini. «Lo Stato sappia che se muore un compagno ne nascono altri 100», la linea comune. Chi se ne importa se per terra, a due metri dallo striscione issato a Piazza Vittorio, c'è un clochard con una coperta e poche monete nella scatola. Lui, evidentemente, è meno degno di essere aiutato. Prime tensioni in zona Prenestina, dove i blindati disperdono anarchici a volto coperto che stanno vandalizzando banche e vetrine. C'è un pezzo di Roma in ostaggio. Anche la tangenziale est. Poi via ai lanci di bottiglie contro le forze dell'ordine davanti a un deposito Atac; vetri di un'auto della vigilanza privata frantumati, come quelli di una pensilina ad una fermata di un bus. E «gavettoni» contro i cronisti. Incendiata pure una cabina elettrica. Altri scontri in serata. Da sit-in innocuo in odore di flop, a gruppi che caricano la polizia. Sono gli anarchici «duri e puri». Chi è rimasto indietro, sentendo raudi e petardi, e assalti alle divise, dice: «Sai che c'è? Io la lotta armata la rispetto, quello che conta sono i contenuti della nostra resistenza come nei meravigliosi Anni '70, altro che Anni di Piombo». E a parlare è un cinquantenne. Danneggiati anche negozi. Dal «siamo pacifici» che aveva inaugurato la manifestazione romana, all'anarchia vera e propria; anche dentro il loro stesso corteo. Tre, i primi fermati. «Vogliamo che li rilasciano subito», grida chi marcia. Almeno due feriti. A Milano, invece, il gruppo staccatosi dal presidio al carcere di Opera - dove fra i 300 anarchici c'era pure l'attivista verde di Ultima Generazione Simone Ficicchia che dice di «condividere la lotta» sul carcere duro ma non i metodi violenti - si è avvicinato alla rete di sicurezza del penitenziario lanciando all'interno fumogeni e sassi. Sono in stretto collegamento con Roma, con telefonate tra i due gruppi.

Barricate, bottiglie contro gli agenti. E una colonna sonora con brani del rapper Niko Pandetta, pure lui in sciopero della fame nel penitenziario milanese. Raduni anche a Napoli, l'Aquila, Taranto, Parma, Pisa, Genova.

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