Se certa politica è ridotta a casting

La nomina della signorina Mia Bintou Diop a vicepresidente della Regione Toscana non è un mistero. È semplicemente l'ennesima trovata ideologica di una sinistra che ormai sceglie i dirigenti regionali come se fossero testimonial per una campagna pubblicitaria

Se certa politica è ridotta a casting
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Gentile direttore Feltri,

vorrei conoscere il suo parere sulla nuova vicepresidente della Regione Toscana, Mia Bintou Diop. Ho letto il suo curriculum e, mi permetta, non capisco come possa giustificare un incarico così rilevante.

È giovanissima, ancora studentessa, senza esperienze concrete. Mi chiedo: davvero basta questo per guidare una Regione? Oppure dietro questa nomina c'è solo ideologia? La ringrazio se vorrà rispondermi.

Paolo Innocenti

Caro Paolo,

non preoccuparti: non sei tu che non capisci, è la politica che ha definitivamente smarrito il buonsenso. La nomina della signorina Mia Bintou Diop a vicepresidente della Regione Toscana non è un mistero. È semplicemente l'ennesima trovata ideologica di una sinistra che ormai sceglie i dirigenti regionali come se fossero testimonial per una campagna pubblicitaria. Non contano esperienza, competenza, curriculum, risultati. Quindi cosa conta? Contano i simboli. E quali simboli, oggi, fanno gola? La pelle nera. La giovane età. L'identità da attivista progressista. Il pacchetto completo di etichette: antisessismo, antifascismo, antirazzismo, antisionismo. Una collezione di anti che non vale nemmeno un titolo di studio, ma che per la sinistra è più preziosa di un concorso pubblico.

Perché, vedi, Diop ha 23 anni, è ancora studentessa, non ha un'esperienza amministrativa degna di nota, non ha mai ricoperto ruoli di responsabilità reale, eppure improvvisamente diventa vicepresidente di una Regione importantissima. Per meriti? No. Per competenze? Nemmeno. Perché è il simbolo perfetto da esibire come trofeo identitario: figlia di un immigrato senegalese e nera.

In più, dettaglio non marginale, la signorina rivendica con fierezza la sua amicizia con Elly Schlein. E allora, sia sincero: di cosa stiamo parlando? Altro che familismo, qui siamo all'amichettismo di partito.

Uno entra nella stanza dei bottoni non per ciò che sa fare, ma per chi conosce e per ciò che rappresenta nell'immaginario della sinistra progressista: giovane, nera, antisionista, antifascista, iscritta all'Arcigay. Wow. Dico soltanto: wow, leggendo queste doti.

Consentimi un'osservazione: essere iscritti all'Arcigay non è un merito. Essere antisionisti non è una competenza amministrativa. Essere contro tutto, fascismo incluso, non è un curriculum. E, soprattutto, definire l'antisionismo come fosse una medaglia sociale da

appuntarsi al petto la dice lunga sul livello culturale della narrazione. In più, trovo curioso come si invochi l'antirazzismo mentre si promuove una posizione - l'antisionismo - che spesso sfocia in forme plateali di discriminazione. Ma tant'è: l'importante, per certa sinistra, è poter dire di aver messo lì una ragazza giovane e di colore. Il resto, ossia governare una Regione, viene dopo, se viene.

La verità è semplice: Diop è stata scelta non per ciò che sa fare, ma per ciò che rappresenta nella propaganda progressista. Una politica ridotta al casting, dove la competenza è un dettaglio secondario e l'identità è tutto.

L'Italia non merita questo infantilismo politico.

La Toscana, men che meno.

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