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Schlein cita Mao, ma nessun solone della democrazia si straccia le vesti

La leader dem parafrasa il dittatore comunista. E chi di solito grida alla "deriva autoritaria" non fa un plissé. A parti invertite, la Meloni sarebbe stata linciata

Se la Schlein cita Mao, nessun solone della democrazia si straccia le vesti

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Immaginate che pienone sarebbe venuto fuori se solo Giorgia Meloni avesse citato, o anche solo parafrasato, una frase pronunciata in passato da Benito Mussolini, Adolf Hitler o da un qualsiasi altro dittatore di destra. Ci sarebbe stata, tempo zero, la levata di scudi dei soloni della democrazia. La leader di Fratelli d'Italia sarebbe stata linciata pubblicamente. Opposizioni, centri sociali, partigiani, antifascisti, sindacati - insomma, tutto il popolo della sinistra - sarebbero scesi in piazza per chiederne la testa. Dimissioni immediate, sue e di tutto il governo. Minimo. Ma attenzione: se, invece, a citare un sanguinario tiranno del passato è Elly Schlein, ecco che i lupi diventano, tutto d'un tratto, candidi agnellini belanti e, anziché levare gli scudi, voltano lo sguardo da un'altra parte.

Nessuno, infatti, nelle ultime ore si è scandalizzato per quel brevissimo passaggio contenuto nel messaggio postato dalla leader dem su Instagram per frenare la rivolta interna al Pd dopo la batosta alle amministrative. "A chi pensa che sia finita - ha scritto - io dico che abbiamo solo cominciato: il cambiamento non è un pranzo di gala, è scomodo. Abbiamo un lavoro lungo davanti". Che non se ne siano accorti? Impossibile. Eccola lì, la citazione. "Il cambiamento non è un pranzo di gala". Copyright: Mao Tse-Tung. Direttamente dal Libretto rosso. L'originale suona così: "La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra". Sintentizzando: non è un pranzo di gala ma un atto di violenza. E questo la dice lunga sulla Schlein che, probabilmente rispecchiandosi nel dittatore comunista, attinge al suo pensiero, lo fa suo e, appunto, lo cita per rilanciare il Partito democratico.

Non stupisce.

Non stupisce che la Schlein, dopo aver difeso chi ha censurato il ministro Roccella al Salone del Libro di Torino, trovi spazio all'interno del suo pantheon per un criminale che ha silenziato il dissenso (e non solo) con ogni mezzo a propria disposizione. Non stupisce che attinga al Libretto rosso senza sentire lungo la schiena un brivido per quello che il terrore comunista ha portato in Cina e nel resto del mondo. Non stupisce che veda in quel tipo di cambiamento un cammino per "rovesciare" un governo che è stato eletto democraticamente. E non stupisce nemmeno il silenzio dei Roberto Saviano e delle Michela Murgia, di tutti quelli che ogni giorno attaccano la Meloni e il suo governo stracciandosi le vesti per il pericolo fascista alle porte. Da loro non una sola parola. Forse perché non lo avvertono come problema se la leader del principale partito di opposizione si ritrova in Mao Tse-Tung tanto da citarlo in un discorso programmatico sul futuro del proprio partito. E questo è davvero grave.

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