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Sedi chiuse e voti evaporati nell'ex feudo. Il "campo largo" fa flop anche in Lucania

Il Pd inanella l’ennesima sconfitta seppur coi 5S: batosta in otto regioni su nove

Sedi chiuse e voti evaporati nell'ex feudo. Il "campo largo" fa flop anche in Lucania

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Sedi chiuse e voti evaporati nell'ex feudo. Il "campo largo" fa flop anche in Lucania

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Nuova sconfitta in una (ex) roccaforte rossa, crollo dei consensi e sedi di partito estinte.

Il bis di Vito Bardi in Basilicata accentua una crisi profonda della sinistra che non riguarda solo il territorio lucano, ma che riflette sempre più insistentemente la situazione in tutto il Paese. In una due giorni elettorale dove i movimenti politici dovrebbero tenere aperte le porte dei propri luoghi simbolo, lo scenario offerto dal Partito Democratico - padrone incontrastato della Regione fino a cinque anni fa - è spettrale.

La sede regionale a Potenza è sigillata; quella del comitato elettorale del candidato consigliere Antonello Molinari è desolatamente vuota. E anche nello splendido borgo di Montalbano Jonico, comune governato dallo sconfitto Marrese, il clima non è esattamente tra i più raggianti. Sintomo di una sfiducia collettiva che ha coinvolto militanti ed elettori, già certi della disfatta e sempre più distanti da un partito che non rappresenta più le loro istanze.

E pensare che, solo meno di due mesi fa, Schlein si presentava sorridente a Cagliari insieme a Conte e alla Todde per celebrare il successo del “campo largo”, anzi del “campo giusto” (per dirla alla Giuseppi), in Sardegna. Dalla notte del 26 febbraio Elly non ne ha più azzeccata una: un paio di settimane dopo, infatti, l'ammucchiata rossa - convinta di sfruttare l'onda lunga sarda - si è schiantata in Abruzzo contro Marsilio e ha combinato pasticci proprio in Lucania, tra l'avvicendarsi continuo dei candidati e lo strappo sancito con Marcello Pittella, passato nel frattempo al centrodestra.
Invece che discutere di temi concreti, la leader dem ha preferito concentrarsi maggiormente su altre “priorità”: i rapporti della Lega con

Putin, la difesa di professori universitari che avevano insultato esponenti di governo (e per questo erano stati querelati), il sostegno agli studenti violenti contro le forze dell'ordine e la solidarietà espressa ai “poveri” Amadeus e Scurati perché cacciati o censurati dalla Rai. Risultato: otto regioni su nove hanno visto Pd e M5s soccombere “uniti”: Umbria, Liguria, Calabria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo e (ieri) Basilicata.

In tutto questo caos auto-generato a sinistra, ci si sono messe pure le inchieste giudiziarie in Puglia a provocare una spaccatura aperta a sinistra, con i grillini che hanno annullato le primarie per il sindaco di Bari e si sono tolti dalla giunta regionale di Emiliano.

In Piemonte, altra terra di indagini della magistratura, piddini e pentastellati si presenteranno divisi alle Regionali e la campagna per le Europee nel il prossimo mese e mezzo consoliderà una frattura all'interno di un'alleanza che, di fatto, non è mai nata.

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