"Silvio uomo giusto, la gente lo voterà ancora"

Il Senatùr non crede nella tenuta di Letta e avvisa il vicepremier: "Ha in mano un partitello"

Umberto Bossi tiene il suo comizio durante la Festa dei Popoli
Umberto Bossi tiene il suo comizio durante la Festa dei Popoli

Torino - Le tre del pomeriggio. Umberto Bossi pranza e scherza sotto il tendone verde del Panino giusto. Il colore è perfetto e l'umore è quello dei giorni migliori. Chissà. Forse il vecchio leader, quasi anonimo al tavolino con quattro o cinque commensali, ha metabolizzato il parricidio compiuto dall'ala maroniana della Lega. O forse pensa che uno come lui è insostituibile. Nel grande salone davanti ai 552 delegati che l'hanno rivoluto presidente, Bossi ha messo in guardia e punzecchiato con un pizzico di ferocia Salvini. «Attento, avere un nemico comune non vuol dire avere lo stesso destino. I francesi, gli austriaci, gli olandesi sono qui per protestare contro l'euro, ma poi vogliono la Francia, l'Olanda, l'Austria. Noi no, noi vogliamo la Padania indipendente. La tua - gli ha sibilato - è propaganda». Ora, sotto la volta del Lingotto, riparte da quella considerazione: «Noi dobbiamo batterci per la Padania. Per l'indipendenza. Questi signori che hanno parlato oggi hanno altri obiettivi».

Ma allora Salvini sbaglia?
«No, il problema è come riuscire ad arrivare all'indipendenza».

Lei cosa ha in mente?
«Dobbiamo imparare a compiere gesti clamorosi, come fanno in Catalogna».

Per esempio?
«Creare una catena umana, mano nella mano. Da Torino a Milano e da Milano a Venezia. Vedrà nelle prossime settimane».

Salvini parla di disubbidienza fiscale.
Bossi allarga le braccia: «Ci riuscirà? Il problema è che la disubbidienza fiscale deve essere di massa. Altrimenti è un fallimento».

Lei comunque è rimasto nella Lega. Non se n'è andato.
«La Lega è tutta unita».

Il centrodestra invece si è spaccato. Alfano è uscito: ha fatto la mossa giusta?
«Alfano puntella il centrosinistra e un governo tenuto su da Napolitano, un governo che prima o poi verrà giù».

Quando?
«Non lo so, ma cadrà».

Alfano ha giocato la sue carte. Non è legittimo?
«Ma il risultato è quello di puntellare la sinistra. Alfano ha in mano un partitello. Certo è all'inizio, ma Berlusconi ha ancora i voti».

Il ventennio berlusconiano non è concluso?
«Berlusconi fa politica lo stesso, anche se è fuori dal Senato. La gente sa che è un uomo giusto e che i magistrati sbagliano. Dunque, lo vota lo stesso».

Vi siete visti negli ultimi tempi?
«Mi ha invitato un paio di settimane fa ad Arcore. Non sono andato, ma solo perché avevo già un altro impegno».

Oggi la scena se l'è presa Renzi.
«Renzi non mi piace».

Perché?
«Perché è un furbetto».

Renzi ha scalato il suo partito combattendo contro l'apparato. Che altro poteva fare?
«Non mi piace chi tira coltellate al suo partito».

Renzi come Maroni?
«Con Maroni ho fatto pace».

Basta coltellate?
«No, le coltellate sono infinite».

Al tavolo all'improvviso compare Salvini. In camicia bianca. I due si stringono la mano. Quasi si danno il cinque. Qualche militante scatta foto.

La folla che riempie la lunga galleria di negozi e vetrine del Lingotto passa e non si accorge di nulla. Salvini, rapido, si dilegua. Bossi beve il caffè e si alza.

Presidente, che voto dà a Salvini?
«Otto. Per la speranza».

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