
«Fials» e «Cgil» suonano male, hanno una brutta prosodia, poco italiana, lontana dal ritmo poetico e dalla sillabazione che hanno reso la nostra lingua così musicale anche nel semplice parlarla. Le cattive note di questi sindacati le avrete già orecchiate in direzione di Venezia, dove il ministro della Cultura Alessandro Giuli aveva proposto che l'orchestra della Fenice registrasse l'Inno di Mameli per trasmetterlo su RaiUno il 2 giugno, Festa della Repubblica: peccato che gli orchestrali abbiano risposto di no, almeno da principio. Per farlo, hanno detto, vogliamo soldi. E d'accordo. L'onore di suonare l'Inno in una circostanza del genere non è stato considerato, passi. Quella creata da Mameli e musicata da Novaro, poi, è una marcetta quasi binaria, facilissima da eseguire (6 strofe e un ritornello, ridotti a un minuto) e insomma, non è propriamente un lavoro usurante, passi anche questo. In ogni caso un segretario della Fials ha detto che i lavoratori chiedevano «una retribuzione conforme alla professione». Ma se il punto era quello, in effetti, non dovevano neppure considerare gli euro che gli hanno buttato sul leggio (per due giorni di lavoro) perché sarebbe stato più dignitoso suonare gratis, come preventivato dal ministro Giuli con una mezza battuta: «C'è la fila di musicisti pronti a suonarlo». A una mezza battuta, parentesi, non poteva non rispondere una mezza opposizione quale è quella dei Cinque Stelle: «Dire che c'è la fila non è solo offensivo, è il segno di una visione distorta e pericolosa della cultura», ha detto il fondamentale Gaetano Amato, ex attore e autore cabarettista, ex dipietrista, uno che in passato aveva definito la disciplina grillina come «regole da Ku Klux Klan».
Colore a parte, la storia va riassunta da capo. Il Ministero aveva a disposizione circa ventimila euro, ma gli orchestrali dapprima ne chiedevano 18mila in più. Cominciava una trattativa tra sindacati e direzione del Teatro. Gli orchestrali prima chiedono 38mila, ma il soprintendente risponde che non li ha. Quest'ultimo poi rilancia e offre la stessa cifra, ma lasciando a casa il coro. Non se ne parla, rispondono gli altri. Allora si offre la stessa cifra, ma da dividere a metà tra orchestra e coro. Non se ne parla, rispondono ancora. Intanto il tenore Vittorio Grigolo e il direttore d'orchestra Daniele Callegari, però, fanno sapere che loro lavoreranno gratis, vista la ricorrenza: e gli orchestrali a quel punto d'incazzano ancor di più, perché fanno la figura dei mercenari: una parte dice che il lavoro va sempre pagato, un'altra invece dice che il prestigio giustifica il compenso basso. Finita? No. Colpo di scena, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro fa da pacere e dice che cercherà di usare il suo fondo personale (il suo stipendio) per mettere la parte dei soldi che manca, circa 20mila euro. Segue un po' di suspence (il sindaco Brugnaro accantona i suoi stipendi in un fondo di solidarietà, e c'è da capire se potrà anticipare la cifra) ma ecco la coda sinfonica, la conclusione, il lieto fine: orchestra e coro potranno avere la loro mancetta per registrare l'inno nazionale a Palazzo Ducale, così da trasmetterlo dopo il Tg1 delle 20 del 2 giugno. Sipario. Evitiamo il bis, magari.
Lo eviteranno sicuramente Fortunato Ortombina e il coreano Myung-Whun Chung, che alla Fenice lavoravano insieme e che presto si ritroveranno alla Scala Milano rispettivamente da sovrintendente e da direttore musicale: sono scampati dalla padella veneziana e ora precipiteranno nella brace più sindacalizzata della storia musicale italiana, dove li attendono straordinari se sfori di un minuto, turnazioni barocche per i «professori d'orchestra» (sarebbero gli orchestrali) e ancora discussioni etiche, soldi a strafottere da gestire (solo lo Stato mette circa 33 milioni di euro all'anno) ma anche un diluvio tra mensilità, benefit, lunghe vacanze,
direttori emeriti (tra i quali c'è ancora Valery Giergiev, carissimo a Putin) e naturalmente la Cgil dell'orchestra, che si lamenta di continuo e minaccia agitazioni. Altre note seguiranno. Non ce ne perderemo neppure una.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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