Cos’hanno in comune Ciampi, Dini, Monti e Draghi? Sono stati i quattro presidenti del Consiglio “tecnici” che hanno segnato la vita politica italiana degli ultimi 30 anni. Tutti loro sono diventati premier senza essere stati precedentemente eletti in Parlamento.
"il fenomeno dei governi tecnici, per proporzioni e frequenza, per come si sono verificati in Italia, non ha eguali in nessun Paese avanzato”, spiega a ilGiornale.it il costituzionalista Giovanni Guzzetta che li descrive come “l'extrema ratio per contenere le crisi del sistema politico”. I cosiddetti ‘governi del presidente’ rappresentano un’anomalia del sistema e, secondo Guzzetta, “senza un intervento strutturale, la democrazia rischia di non risollevarsi più”.
Il costituzionalista mette in evidenza la necessità di “intervenire sulle cause che rendono inevitabili i governi tecnici". Ed è ciò che intende fare il governo Meloni attraverso la riforma costituzionale che prevede una norma anti-ribaltone che impedirebbe proprio la nascita di governi tecnici. Una vera sciagura per il centrosinistra, come traspare anche dalle colonne di Repubblica. Il noto cronista Filippo Ceccarelli, infatti, non considera i premier tecnici un’anomalia, ma anzi li descrive come i “salvatori della patria” che intervengono nei momenti difficili. “Solo in Italia, Paese di slanci, paure e code di paglia, si può immaginare e peggio presentare una riforma costituzionale basata sulla più assoluta mancanza di memoria storica, per giunta di storia recente e recentissima”, scrive il giornalista Ceccarelli, dopo aver incensato di lodi i vari Ciampi, Monti e Draghi. In realtà, però, solo in Italia si può immaginare di avere dei premier non eletti in Parlamento. “È sicuramente un’anomalia politica, ma non costituzionale”, spiega l’ex parlamentare Pd, Stefano Ceccanti, docente di Diritto Pubblico Comparato all'Università di Roma “La Sapienza”.
“La verità è che, in Italia, i partiti preferiscono appoggiare governi guidati da tecnici piuttosto che mettersi d’accordo per dar vita a governi di coalizione guidati da politici”, prosegue Ceccanti, convinto che questa sia una mossa dei partiti per poter più facilmente prendere le distanze dalle scelte impopolari di quei governi. E, in ogni caso, spiega il costituzionalista, all’estero, i governi tecnici non vengono minimamente presi in considerazione. Nel Regno Unito, infatti, il premier cambia senza bisogno che si torni al voto, ma assume quest’incarico in quanto leader del principale partito della maggioranza. I governi di coalizione esistono, ma i ribaltoni no. Tutt’al più può succedere, com’è capitato nel recente passato ai conservatori, che uno dei due partiti storici (Tories e Labour) debba allearsi con i Lib-dem o con qualche partito regionale per avere i numeri per governare. Si tratta, comunque, di casi limite. In Spagna, probabilmente, il socialista Pedro Sanchez sarà riconfermato premier anche se sono stati i Popolari spagnoli a prendere più voti, ma si tratta pur sempre di un politico e non di un tecnico che non ha mai partecipato a una competizione elettorale. Ma non solo.
Il Paese iberico, dal 2016 a oggi è tornato al voto per ben cinque volte, ma mai c’è stata l’eventualità di affidare la guida del Paese a un tecnico. Fatta eccezione per la Grecia, l’Italia è l’unico grande Paese che predilige “papi stranieri”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.