«Se volete entrare dovete limonare un po'...». Eh già, visto che i ragazzi che si erano presentati all'ingresso della «Rosa dei venti», locale notoriamente gay friendly di Genova, zona Porto antico, non erano vestiti in sintonia con il posto, l'unico modo per esibire una sorta di certificato di omosessualità quale inaccettabile e discriminatorio pass era quello di dimostrare con atteggiamenti inequivocabili la propria preferenza sessuale. Il punto è che dei tre giovani intercettati dalla security del locale solo uno, pur senza trucco e movenze effemminate, era effettivamente gay, mentre gli altri due amici volevano semplicemente passare una serata in allegria, a prescindere dalle rispettive tendenze. A far scoppiare il caso è stato proprio il giovane omosessuale che si è sentito discriminato all'incontrario. Per questo Luca Artuso, studente universitario che da due anni e mezzo risiede a Genova, ha spedito una lettera al Secolo XIX perché «profondamente ferito e turbato» da quanto capitato: «Mi sono ritrovato a fronteggiare la pomposa irsutaggine dei buttafuori - ha scritto - i quali, a seguito di una breve radiografia dei personaggi, hanno deciso di etichettarci come poco omosessuali».
Gianmarco Casavecchia, esponente di Disegual, la società che organizza questi eventi, respinge ogni tipo di accusa di discriminazione. Piccolo inciso: il fatto che un esponente del mondo gay si debba difendere da questo tipo di accusa, a prescindere se sia fondata o meno, è già un segnale che molte battaglie del movimento omosessuale, dopo aver accusato il mondo intero di discriminazione, sono state vinte da tempo. Detto questo, Casavecchia dichiara al quotidiano genovese che la vicenda sarà ricostruita con attenzione, addirittura ricorrendo alle registrazioni ricavabili dalle telecamere poste all'esterno del locale. «Mi preme sottolineare - aggiunge - che agli eventi del venerdì partecipano moltissimi eterosessuali».
E vorrei ben vedere, attacca lo studente rimasto di stucco quando si è visto respinto assieme agli amici etero. I gay hanno combattuto mille battaglie per non essere considerati diversi, per avere gli stessi diritti di tutti, e adesso sono loro ad alzare gli steccati? «Lo shock di subire una discriminazione in un certo senso al contrario - prosegue Artuso nella sua lettera - ci ha costretti a insistere contro l'illogicità delle loro considerazioni. Datevi un bacio, limonatevi, però dateci dentro, insisteva uno dei tre. Ci siamo ritrovati senza se e senza ma sbattuti fuori dal locale perché dall'aspetto poco effemminato, privi di mascara e pajettes a portata di mano. Nonostante la chiamata ai carabinieri e alla polizia, i temerari difensori dell'identità di genere non hanno ceduto alle richieste degli avventori».
Qualcuno, giusto per voler trovare una giustificazione, ricorda qualche precedente poco edificante di stupidi eterosessuali entrati alla Rosa dei venti solo per offendere i gay presenti. «Combatto attivamente per rivendicare e sostenere la presa di coscienza necessaria alla comunità gay - conclude Artuso - per uscire fuori dalle gabbie dell'autoghettizzazione che con questo e molti altri episodi costruiamo con le nostre stesse mani».
Non è con i gay pride, con gli slinguazzamenti, con le ostentazioni folcloristiche non sempre di buon gusto che si conquistano i propri diritti. Certe volte basta rispettare i diritti degli altri senza considerarli, appunto, altri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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