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Spread, quando il Pd diceva: "Il premier deve dimettersi" Perché ora non dice niente?

Il differenziale Btp-Bund a livelli da capogiro. Nel 2011, per attaccare il Cav, Bersani diceva: "Si deve dimettere, altrimenti ci porterà a fondo". E adesso?

Spread, quando il Pd diceva: "Il premier deve dimettersi" Perché ora non dice niente?

Tira una brutta aria a Palazzo Chigi. Sul tavolo del presidente del Consiglio il grafico dell'andamento del differenziale tra i Btp decennali e i Bund tedeschi. Un grafico all'insù. Troppo all'insù per non creare problemi sul piano politico. Mentre Piazza Affari è di nuovo in balia della speculazione, il parlamento esplode: lo spread sui titoli di Stato è tornato sopra la soglia psicologica dei 400 punti base. Oggi è arrivato a toccare i 410 punti. "Oggi lo spread tra Btp e Bund ha sfondato di nuovo quota 400 - ha commentato il leader del Pd Pier Luigi Bersani - ora non c’è più tempo per crogiolarsi con le favole. Per far ripartire l’Italia ha bisogno di un colpo di reni, di discontinuità sul piano politico". Discontinuità? Eh sì, il segretario democratico non ha più alcun dubbio: "Il premier si deve dimettere, altrimenti ci porterà a fondo".

Adesso che lo spread è tornato a far paura agli italiani, che le misure per rilanciare l'economia hanno solo contribuito a impoverire le imprese, che i rincari sulla benzina, sulle tasse e sulle bollette hanno ridotto all'osso il portafogli dei contribuenti, la politica torna ad alzare la voce. Dopo l'ennesima batosta per i titoli di Stato italiani, Bersani ha chiesto al presidente del Consiglio un definitivo passo indietro. La parola "dimissioni" adesso echeggia nell'aria e torna a unire il Partito democratico e il Terzo Polo. "Tra il marasma nel governo e una manovra finanziaria che dà un colpo enorme al sociale, il premier invece di rilasciare interviste sui suoi disegni futuri dovrebbe andarsene - ha tuonato Bersani - andare avanti così diventa pericoloso per il Paese". Dopo mesi di silenzio, il numero uno di via del Nazareno è tornato a mettere alle strette il primo inquilino di Palazzo Chigi: "Questo quadro politico non è in grado di garantire una ripartenza. La strada maestra da percorrere resta quella di tornare al voto". Secondo Bersani, infatti, il governo devrebbe andare a casa perché "si apra una nuova fase". Insomma, è il ragionamento del leader piddì, sarebbe una vittoria se il capo del governo "andasse al Quirinale a rassegnare le dimissioni".

In realtà, Bersani non è l'unico in parlamento a chiedere un passo indietro da parte del presidente del Consiglio. "Il Paese sente la paura e i mercati chiedono una svolta. Votiamo subito come in Spagna. Serve subito una svolta per affrontare la crisi", è il ragionamento di Bersani a cui si adeguano subito i vertici del Partito democratico. "Il premier costa troppo agli italiani", ha attaccato pure Massimo D'Alema chiedendo chiaramente al capo del governo di lasciare l'incarico e farsi da parte per permettere agli italiani di andare alle urne e scegliere un nuovo governo: "Ogni ora che lui resta lì viene pagata da tutti i cittadini. Quando uno si trova in una condizione di queste genere si deve dimettere, non ha più la maggioranza, non gode di credibilità, questo permanere è soltanto un danno per il Paese, speriamo che duri poco". Anche il vicesegretario del Pd Enrico Letta ci va ancora più pesante spiegando che il premier "è ormai una tassa che grava sulle spalle degli italiani". "Le sue dimissioni valgono almeno cento punti di spread, denaro contante per le famiglie - ha detto l'esponente democratico - chi oggi non ha il coraggio di dire in pubblico ciò che dice in privato, e cioè che il premier è un danno per il Paese, non potrà poi avere una seconda chance".

Il malcontento nei confronti del governo non si limita al centrosinistra. Anche il Terzo Polo sembra aver cambiato completamente linea. E adesso sono in molti a chiedere la testa del premier. Il mantra "dimissioni, dimissioni, dimissioni" sembra essere tornato di moda. Anche Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc,ha addirittura ipotizzato che le dimissioni del premier potrebbero "valere 300 punti di spread" tra i Btp e i Bund tedeschi. Del resto, in casa Udc, la convinzione si sta radicando poco a poco. Il leader Pier Ferdinando Casini si dice convinto che, una volta rassegnate le dimissioni, il Belpaese ne vedrà gli effetti subito. Secondo Casini, infatti, serve un nuovo piano per lo sviluppo economico e altre misure per mettere al sicuro il sistema Italia dall'assalto della speculazione finanziaria. E, per farlo, il presidente del Consiglio deve fare un passo indietro. Al più presto.

NOTA: tutto questo accadeva l'anno scorso, tra il luglio e il novembre del 2011, quando cioè il centrosinistra e il Terzo Polo premevano perché l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lasciasse Palazzo Chigi rassegnando le dimissioni al Colle.

Adesso che lo spread è tornato a sfondare quota 400 punti base e Piazza Affari sta continuando a perdere terreno, nessuno alza la voce, nessuno chiede le dimissioni al premier Mario Monti, nessuno predende un nuovo governo o le elezioni anticipate. Perché? Cosa è cambiato?

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