"Stipendi più alti per i carcerati". Salis fa propaganda ma viene smentita

Usando senza criterio parole come "extra profitto" e violazione di dignità parlando del corrispettivo dei lavoratori carcerari, Salis ancora una volta dà prova di mero populismo

"Stipendi più alti per i carcerati". Salis fa propaganda ma viene smentita
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Ilaria Salis ci prova a fare il lavoro dell'europarlamentare ma il più delle volte i suoi interventi sono confusi o populisti, o in alternativa cercano di raccontare una verità piegata a una narrazione di comodo. Il 1 Maggio, l'europarlamentare eletta con Avs un anno per uscire dal carcere ungherese dove si trovava dal 2023, ha colto l'occasione per fare un intervento dedicato ai detenuti che, secondo Salis, hanno condizioni di lavoro inadeguate. La ragione risiede in una norma che prevede un corrispettivo pari a 2/3 della paga sindacale per i detenuti che lavorano all'interno del carcere, quindi fuori dalle logiche del mercato del lavoro, mentre una paga intera per quelli che vengono inseriti in realtà esterne al carcere, che devono tuttavia corrispondere all'amministrazione penitenziaria spese di mantenimento, risarcimento danni, ecc.

"Quando parliamo di lavoro, troppo spesso dimentichiamo che anche i detenuti lavorano. E che, per loro, lo sfruttamento è ancora più feroce. Perché un detenuto viene pagato solo due terzi di una retribuzione normale? Perché è considerato un lavorante e non un lavoratore a pieno titolo? Perché il suo lavoro dovrebbe valere meno del nostro?", si chiede Salis, dimenticandosi che la permanenza in carcere di un detenuto ha un costo che ricade sulla collettività e che questo, solo in minima parte, viene ripagato dal lavoro carcerario. "Stabilire per legge che l’umanità ristretta può essere pagata meno significa discriminarla e violarne la dignità, significa condannarla due volte. Il carcere, oltre a essere una macchina di oppressione, è anche una leva di extra-profitto", aggiunge l'europarlamentare, convinta di aver mosso una rivendicazione giusta.

A smontarla punto per punto ci ha pensato Filippo De Bellis, responsabile Sicurezza di Forza Italia in Regione Lombardia, sottolineando che "lavoro in carcere non è assimilabile al lavoro libero: ha uno scopo rieducativo, avviene in un contesto protetto e fuori dalle dinamiche del mercato". La retribuzione, aggiunge l'azzurro, "è stabilita per legge e fissata non sotto i due terzi del minimo contrattuale, proprio per tener conto delle condizioni speciali del contesto detentivo. Quanto all’idea che il carcere sia una 'leva di extra-profitti', basterebbe un dato per smentirla: ogni detenuto costa allo Stato più di 130 euro al giorno. Le attività produttive in carcere sono marginali, spesso in perdita e portate avanti grazie a fondi pubblici e progetti sociali". De Bellis dà una lezione giuridica a Salis, evidentemente impreparata sul tema specifico, ricordandole che "parlare di 'profitto' in questo contesto è una pura invenzione populista. Infine, definire “discriminatorio” un trattamento che tiene conto della diversa posizione giuridica del detenuto è un abuso del termine.

La discriminazione esiste quando si nega un diritto a parità di condizioni. Il detenuto è in una posizione giuridica diversa dal cittadino libero, e le differenze retributive sono costituzionalmente legittime se fondate su criteri oggettivi e ragionevoli".

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