Taranto si ribella ai giudici: in piazza per salvare l'Ilva

Taranto si ribella ai giudici: in piazza per salvare l'Ilva

TarantoAlle nove del mattino Taranto è una città isolata. Il torrido sole di fine settembre martella l'asfalto mentre i volti degli operai con gli occhi lucidi di rabbia e disperazione riempiono tutte le vie d'accesso, ormai sgombre di auto. In quattromila si riversano sulle strade, così come avevano annunciato per il primo dei due giorni di sciopero proclamato nonostante la spaccatura dei sindacati: non si passa lungo la statale 100 per Bari né sulla 106 per la Basilicata e neanche sulla 7 Appia che conduce a Brindisi. Non si passa da nessuna parte, non si entra e non si esce. E il destino dei lavoratori e di una città intera appare sempre più legato a doppio filo a quello dell'Ilva, il colosso dell'acciaio, l'impianto più grande d'Europa, quello che un tempo era il gigante buono che garantiva la certezza di uno stipendio e adesso invece si delinea sullo sfondo dello Ionio come un gigante ferito. Che alimenta fumi e polveri, dubbi e timori.
È il giorno della protesta, a Taranto. È il giorno della rabbia: quella dei dipendenti che aderiscono allo sciopero proclamato da Fim, Cils e Uilm, ma anche quella del «comitato spontaneo apartitico liberi e pensanti», un'associazione di cui fanno parte ambientalisti e semplici cittadini che chiedono «di non bloccare la città ma di fermare l'azienda e la produzione». Per qualche istante la tensione sale, il rischio che le manifestazioni si incrocino prende consistenza, poi intervengono le forze dell'ordine e i gruppi rimangono a distanza. Le ore sono scandite dagli slogan, ma qui a Taranto ogni minuto che passa è un altro piccolo colpo alle speranze degli operai.
Dinanzi allo stabilimento la protesta va avanti ormai da giorni. E tra la gente in attesa di qualcosa che blocchi le lancette dell'angoscia, arriva l'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro. Il prelato si fa avanti, stringe forte le mani di chi sente di essere sul punto di perdere tutto, sparge parole di speranza. «Vi porto l'abbraccio della Chiesa, sono con voi», dichiara mentre si avvicina al camino E312, una ciminiera che incombe sulla città dall'alto di sessanta metri. L'arcivescovo vuole salire per incontrare i lavoratori che manifestano lassù, sulle passerelle, ma la Digos gli chiede di rimanere a terra per ragioni di sicurezza. E così scendono tre operai. «Mi raccomando, non mettete a rischio la vostra vita, fate sentire la vostra voce ma senza estremizzare», dice il prelato che esprime la vicinanza della Chiesa. «A voi e alle vostre famiglie», afferma. I lavoratori ascoltano. «La sua presenza per noi è un conforto», spiegano. Ma la protesta va avanti. In nove sono ancora sul terzo anello del camino: non mangiano e non bevono da due giorni, dormono coprendosi coi giubbotti di sicurezza, tra grandi pezzi di ferro. «Abbiamo tutti famiglia - ripete Antonio, 37 anni, da 14 all'Ilva - e non molleremo finché non si metteranno d'accordo per una linea comune». Che per il momento non c'è.
Il piano di risanamento dell'Ilva è stato bocciato in pieno dal gip Patrizia Todisco, che in un provvedimento di quindici pagine ha definito «sconcertante» e «inaccettabile» la richiesta dell'azienda di «autorizzazione all'attività produttiva non quantitativamente precisata, finalizzata alla sostenibilità e alla realizzazione del risanamento».
I vertici dello stabilimento annunciano la decisione di presentare ricorso al Riesame e in attesa di un nuovo capitolo giudiziario di questa tragedia della salute e del lavoro, interviene il procuratore, Franco Sebastio. Il quale precisa: «Non è vero che l'Ilva ha chiesto di produrre al minimo, non lo ha specificato». Il magistrato aggiunge che «se non ci saranno modifiche ai provvedimenti esistenti le procedure andranno avanti e saranno inevitabili». Ma il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, non ci sta.

«Io credo - dichiara - che la politica industriale di un Paese non possa essere affidata all'autorità giudiziaria ma a quella politica». E mentre la Fim-Cisl propone una manifestazione per lunedì prossimo a Roma, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini fa sapere che per oggi potrebbe essere pronta l'Autorizzazione integrata ambientale.

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