Tassisti, l'estate della sconfitta

I taxi in Italia sono un servizio pubblico al tracollo. Non funziona.

Tassisti, l'estate della sconfitta
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Questa estate di lunghe attese è la sconfitta dei tassisti. È una lunga litania di imprecazioni, con fede e senza fede, di numeri a quattro cifre che non rispondono, di file davanti a stazioni senza speranza, con temperature che scaldano le ore, e sudore, maledizioni, preghiere e turisti sbalorditi che si chiedono se tutto questo sia normale. Il picco è Roma, che non sa più come farsi del male, ma la storia si ripete in ogni città italiana, da Milano a Napoli, fino a scendere ancora più a Sud. Non è un fenomeno straordinario. È una realtà quasi banale. Le richieste sono tante e i taxi sono pochi. La domanda non incontra l’offerta e la differenza di questi tempi sta diventando abissale. È questa la sconfitta. I taxi in Italia sono un servizio pubblico al tracollo. Non funziona. Non funziona come la metro e l’autobus di Roma.
Non funziona come i treni al Sud. Non funziona perché in questo sciagurato Paese le cose non sono mai come potrebbero essere.
È l’arte di complicarsi la vita. Ennio Flaiano lo sapeva. In Italia la linea più breve tra due punti è un arabesco. Se i taxi sono pochi perché non si aumentano le licenze? Perché non si fanno più turni? Troppo facile. C’è sempre un alibi, una paura, un disinteresse, una ragione di più per aspettare che il caos si spenga. L’estate passerà. Non bisogna lasciarsi ingannare dalle illusioni. La colpa non è dei pochi taxi. La colpa è dei turisti, che sono troppi, tutti al centro, in giro per monumenti, impazienti e pure un po’ viziati, perfino spendaccioni, perché potrebbero pure spostarsi a piedi. Senza fretta. I tassisti ti dicono che non bisogna lasciarsi ingannare da un’estate straordinaria, che incredibilmente si ripete ogni anno, con le belle stagioni invernali. A novembre i taxi ci sono? A tratti, serve comunque un po’ di fortuna, ma finalmente si può respirare. A novembre non fa così caldo.
È che i tassisti hanno davvero le loro ragioni, quelle licenze troppo costose sono spesso l’investimento di una vita e lavorano in città che non sono certo a misura di taxi e c’è più comprensione per i monopattini che per loro. Non ci sono solo alibi e scuse in questa storia. L’arabesco probabilmente esiste. Solo che dopo anni e anni è arrivato il momento di scioglierlo. I tassisti per primi devono rendersi conto che questa estate senza misericordia finirà per fare del male soprattutto a loro. Si è andati oltre il limite.
Una soluzione va trovata e se non sono in grado di proporla toccherà alla politica riformare tutto il settore. È la promessa di Salvini. «Non si può aspettare un taxi per ore.
Servono più auto in strada».

Non si può più giocare a rimpiattino, in uno scarico di responsabilità tra sindaci, ministri e tassisti.
Non si può dire come a Roma: se non ci sono i taxi aumentiamo i prezzi delle corse. Non si può fare finta di nulla. Taxiiiii.

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