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Riforma del Senato: governo battuto in commissione, poi il sì al testo base

Tensioni sulla riforma di Palazzo Madama. Il governo va sotto in commissione, poi il via libera: decisivi i voti del Cav

Riforma del Senato: governo battuto in commissione, poi il sì al testo base

"Non l’ho mai detto". Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi smentisce categoricamente le indiscrezioni secondo cui avrebbe minacciato le dimissioni di fronte alla spaccatura della maggioranza sul ddl che riforma il Senato.

Aldilà del giallo sulla minaccia della ministra renziana, le tensioni restano. E rischiano seriamente di far saltare il governo, che è andato sotto in commissione Affari Costituzionali al Senato, dove è passata per un solo voto una proposta di Calderoli, costringendo il Pd a ritirare il proprio odg.

È stallo sulle riforme. L'iter della riforma del Senato è molto più accidentato di quanto il premier Matteo Renzi non osasse pensare. Le spaccature nella maggioranza ci sono e sono piuttosto pesanti. E i numeri per approvare il disegno di legge facendo spallucce ai malpancisti non ci sono. Così, sebbene il governo abbia alcuna intenzione di apportare modifiche al ddl uscito dal consiglio dei ministri, il governo resta appeso ai Popolari di Mario Mauro. Tanto che, stando a fonti della maggioranza, la Boschi avrebbe addirittura ventilato l’ipotesi, in caso contrario, di dimettersi dalla squadra di governo. Con la conseguenza che, il giorno dopo, Renzi andrebbe a conferire con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ipotesi che lo stesso ministro per le Riforme ha immediatamente smentito per evitare di portare la tensione alle stelle.

Mentre è in corso un braccio di ferro per decidere da quale partire, a Palazzo Madama deve ancora arrivare il testo base. Da un lato c'è quello uscito dal Consiglio dei ministri, dall’altro quello su cui i relatori stanno cercando una mediazione. Nella maggioranza oggi è emerso con evidenza il caso dei Popolari che ritengono il testo del governo, così come è, inaccettabile. Così come il Gruppo delle autonomie vorrebbe un provvedimento che recepisca le modifiche emerse nel dibattito.

Intanto è nata una divergenza anche tra i due relatori, la piddì Anna Finocchiaro e il leghista Roberto Calderoli, per la presentazione da parte del lumbard di un odg che però prevede anche la riduzione del numero dei deputati, odg di cui non era stata informata la Finocchiaro che si è lamentata dello "sgarbo istituzionale". Ancora la mediazione non sembra così vicina. Anche se poi la stessa Finocchiaro ha assicurato: "Questa sera presenteremo l’odg dei relatori che riassume il dibattito e le indicazioni venute dai gruppi. Calderoli ha presentato oggi un odg di cui non ero stata avvertita ma è pronto a ritirarlo sono fiduciosa che il percorso possa arrivare a buon fine e mi auguro ci sarà un voto sull’odg".

E in commissione Affari Costituzionali al Senato è passato per un solo voto l’odg di Calderoli che prevede che i senatori di ciascuna Regione siano eletti a suffragio universale dai cittadini della stessa regione contestualmente ai Consigli regionali. Il testo è passato con 15 voti a favore e 14 contro, grazie al sì di Mario Mauro. Alla fine la Finocchiaro ha ritirato il suo odg e la commissione ha approvato il ddl del governo sulle riforme come testo base 17 sì e 10 no. A favore hanno votato i senatori della maggioranza nonché la Lega e Forza Italia.

Da Palazzo Chigi gongolano: "È una serata assolutamente positiva, abbiamo fatto un passo avanti importante. È stato raggiunto l'obiettivo fondamentale: abbiamo adottato il testo base ed è il testo del governo", dice la Boschi, mentre Renzi twitta: "Molto bene, non era facile. La palude non ci blocca! È proprio #lavoltabuona".

Ma l'impressione è che l'esecutivo abbia ancora diversi ostacoli sul suo percorso.

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