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Una terra che vale 30 miliardi e non si rassegna

ModenaL'ammorbidimento delle posizioni sui 670 milioni di euro per l'Emilia è arrivato in serata dopo una giornata iniziata malissimo con il veto posto da Germania, Gran Bretagna, Svezia, Finlandia e Olanda. Decisivo l'intervento dell'ambasciatore italiano presso l'Ue che ha costretto l'Ecofin a tornare in parte sui suoi passi e ad aprire alla possibilità della compensazione dei danni subiti dall'Italia dopo le due scosse del maggio scorso che hanno messo in ginocchio le province di Modena, Reggio e Ferrara.
Un provvedimento che l'europarlamento aveva votato all'unanimità, ma che ieri ha rischiato di essere cestinato. Al di là della risoluzione positiva della crisi tra Italia e Ue, a bruciare è ancora una volta quella che in Emilia ieri chiamavano l'arroganza dei soliti potentati economici. Eppure quei soldi spettavano di diritto e d'urgenza alle popolazioni che in gran parte non sono ancora tornate nelle loro abitazioni. E alle aziende, molte delle quali hanno dovuto chiudere i battenti, altre che invece si sono rimboccate le maniche e hanno tirato fuori l'orgoglio italico senza chiedere un euro a nessuno. Da queste parti il mantra «teniamo botta» ha costretto amministratori e imprenditori a non concedersi neanche un minuto di lacrime. Alla Bellco di Mirandola ad esempio, azienda capofila del biomedicale le prospettive di trasferimento in altre zone erano concrete. Invece l'azienda ha resistito e giusto giovedì ha ricevuto da Confindustria il premio Meccatronica per come ha reagito di fronte al crollo. A settembre la Bellco si è presentata puntuale: «Un lavoro di squadra», ha spiegato al Giornale il presidente del gruppo Antonio Leone. A Finale Emilia, un altro cuore ferito della terribile botta, la Ceramica Panaria era uno dei colossi più a rischio con lo stabilimento e l'impianto di produzione fuori uso.
Anche qui, il presidente Emilio Mussini, non è andato con il cappello in mano, ma ha accettato la sfida. Con la ripresa delle attività la Panaria non ha subito decurtazioni di personale rialzandosi con l'aiuto delle sole risorse interne. Di storie come queste la Bassa emiliana è piena e giustifica ancora una volta il 2% di Pil nazionale che è rappresentato da queste terre, ma anche il 3,9% di quota di export che da Reggio a Ferrara arriva anche nei Paesi come la Germania che ieri avrebbero voltato volentieri loro le spalle. Subito dopo il terremoto fece commuovere il sacrificio delle centinaia di caseifici del Parmigiano Reggiano aiutati a risollevarsi grazie ad una catena di solidarietà che piazzò sul mercato le forme danneggiate e rialzò le pesanti scaffalature crollate come birilli. Una catena di solidarietà sulla quale insiste anche l'eurodeputato del Pdl Iva Zanicchi, figlia di queste terre ferite, che al Giornale ha espresso la sua rabbia.

«Lunedì in Parlamento avremmo urlato, ma è chiaro che anche in futuro la Germania non potrà dettare legge. Bisogna imparare anche a dire di no alla Merkel, che tra l'altro quando ce ne fu bisogno fu aiutata e non poco all'epoca dell'unificazione».

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