Tre procure contro Belsito: "Soldi pubblici ai Bossi"

I pm di Milano, Napoli e Reggio Calabria accusano il tesoriere Belsito di aver truccato i bilanci. Viaggi per i figli e Rosi Mauro, fondi per il Trota e per la casa di Gemonio. Berlusconi: "Umberto è innocente"

Tre procure contro Belsito: "Soldi pubblici ai Bossi"

Milano - Spericolati investimenti, false fatturazioni, denaro che viag­gia estero su estero, bilanci trucca­ti, fondi neri destinati al vertice del partito, pericolosi (e per nulla padani) legami con la ’ndranghe­ta. È un uragano giudiziario quel­lo che ieri si abbatte sulla Lega Nord. Il Carroccio finisce nel fuo­co incrociato di tre Procure: Mila­no, Napoli e Reggio Calabria. La sede del partito, in via Bellerio, vie­ne perquisita dalla Guardia di fi­nanza (che porta via documenti del Sinpa, il sindacato di cui è se­gretaria Rosi Mauro), così pure la segretaria personale di Umberto Bossi, Daniela Cantamessa. Undi­ci gli indagati, dalla Lombardia al­la Campania, dal Veneto alla Cala­bria. E su tutti spicca il nome di Francesco Belsito, il tesoriere del partito, che si è dimesso ieri sera. Il cassiere del Carroccio è sotto in­chiesta per appropriazione inde­bita, truffa, riciclaggio e finanzia­mento illecito. È lui, secondo i ma­­gistrati, ad aver «gestito nella più completa opacità la tesoreria del­la Lega fin dal 2004». È ancora lui, spiegano i pm, ad alterare la conta­bilità del partito. Ed è sempre Bel­sito a imp­iegare i soldi pubblici sfi­lati alle casse del Carroccio «per le esigenze personali dei familiari del leader della Lega Nord». Um­berto Bossi non è indagato. Ma l’ultimo siluro è per il Senatùr.

LA PUNTA DELL’ICEBERG
L’inchiesta della Procura di Mi­lano - coordinata dai pm Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Rober­to Pellicano e condotta dai finan­zieri del Nucleo di polizia tributa­ria- parte da alcune operazioni so­spette che riguardano gli investi­menti di Belsito, denunciate da un militante leghista il 23 gennaio scorso, e prende di mira proprio gli investimenti del Carroccio in Tanzania e a Cipro. Denaro che, secondo gli inquirenti, non si sa­rebbe in realtà fermato nel conti­nente africano né nell’isola del Mediterraneo, ma avrebbe preso la strada di ritorno per tornare nel­la disponibilità del tesoriere. IL

PORTAFOGLIO DEL SENATÙR
L’indagine milanese si incrocia con quelle dei carabinieri del Noe, coordinata dalla Procura di Napoli, e della Dia di Reggio Cala­bria. Dal Noe negli uffici milanesi arriva un documento che «forni­sce elementi inequivocabili sul fatto che la gestione della tesore­ria della Lega Nord è avvenuto nel­la più completa opacità fin dal 2004 e comunque, per ciò che ri­guarda Belsito, fin da questi ha co­minciato a ricoprire l’incarico di tesoriere». «Egli - si legge negli atti - ha alimentato la cassa con dena­ro non c­ontabilizzato e ha effettua­to pagamenti e impieghi anch’es­si non contabilizzati o contabiliz­zati in modo inveritiero». Quali? Nelle intercettazioni telefoniche, viene fatto riferimento ai «costi della famiglia». La famiglia di Um­berto Bossi. «Tali esborsi- insisto­no i pm- vengono effettuati per esi­genze familiari del leader della Le­ga Nord», in «contanti o assegni o contratti simuilati». Cene, alber­ghi, viaggi per la moglie e i figli del Senatùr, per Rosi Mauro, e per la campagna elettorale di Renzo Bossi (consigliere regionale in Lombardia dal 2010), per restrut­turare la villa di Gemonio.

L’ORO PADANO
La truffa allo Stato viene conte­stata perché «il rendiconto della Lega è inveritiero, non dà conto della reale natura delle uscite, né della gestione in nero (sia in entra­ta sia in uscita) di parte delle risor­se affluite alla cassa del partito». E non è un dettaglio da poco. Per­ché i rimborsi elettorali vengono calcolati in base alla validazione del rendiconto da parte degli orga­ni di revisione del Parlamento. E per il bilancio 2010 (ritenuto truc­cato dai pm) lo scorso anno al Car­ro­ccio sono stati riconosciuti rim­borsi per 18 milioni di euro.

LA TRIANGOLAZIONE
Da Pontida a Dodoma (capitale della Tanzania), esisterebbe un link. Ed è qui che entra in scena un secondo indagato: Stefano Bonet. Di chi si tratta? Bonet è un com­mercialista tuttofare, sotto inchie­sta oltre che a Milano anche a Na­poli ( pm John Woodcock e Vincen­zo Piscitelli) e Reggio Calabria (pm Giuseppe Lombardo). È Bo­net a intrattenere i rapporti con la Siram spa, colosso dei servizi ener­g­etici con sede nel capoluogo lom­bardo, controllata dai francesi di Veolia e Edf, che nell’inchiesta svolge un ruolo chiave. Dai fondi neri creati da Siram attraverso Bo­net, e in parte ceduti allo stesso Bo­net, provengono probabilmente i fondi occulti della Lega. Nell’in­chiesta la Siram viene definita «la lobby di Giovanni Pontrelli»,il suo di­rettore generale, che avrebbe versa­to­a Belsito 250mi­la euro. Tra genna­io e febbraio 2010, le società Polare e Marco Polo Tec­nhology- di cui Bo­net era ammini­­stratore - realizza­no «movimenti cir­colari di denaro f­it­tiziamente giustifi­cati con fatture re­lati­ve a costi per in­vestimenti in ricer-caesviluppo ». Più precisamente, «la Siram aveva versa­to alla Polare una somma di 5 milio­ni di euro dei quali era rientrata in possesso attraver­so paga­menti effet­tuati ad altre socie­tà, tutte legate al “gruppo Bonet”». Quei soldi, per il commercialista, sarebbero arrivati grazie al «patro­cinio politico» di Belsito, sponsor di un fantomatico «progetto Si­rio ».In cambio il tesoriere della Le­g­a ottiene che l’investimento a Ci­pro venga effettuato tramite Bo­net su un conto gestito da Paolo Scala (indagato), che a Larnaka fonda la Krispa Enterprises .

L’INTERCETTAZIONE-CHIAVE
Tra il 27 e il 28 dicembre 2011, da uno studio milanese, Belsito fa partire i soldi destinazione Cipro: ma invece del milione e duecento­mila euro concordati ne spedisce il quadruplo, quattro milioni e ot­to. «Devono essere semplicemen­te parcheggiati, poi andranno do­ve devono andare », si legge in una intercettazione. Scala e Bonet ne parlano allarmati qualche giorno dopo. E Bonet rivela che i soldi so­no del «gruppo», cioè della Lega. Scala: «Non so cosa sia, lui (Belsi­to, ndr ) mi ha detto che escono da lui». Bonet: «Devono essere del gruppo quelli».

«Dobbiamo anda­re a fare un po’ di giri per andare a creare quelle strutture necessarie per andare a segregare questi im­porti e per pilotare gli investimen­ti. Non è che domattina viene fuo­ri­una fogna e andiamo a finire tut­ti... ». Infatti.

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