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Tre spine nel fianco: cosa rischia adesso il Pd

Con la vittoria della Schlein il Partito Democratico rischia di diventare più lacerato di prima e addirittura ancor meno attrattivo in termini di consenso

Tre spine nel fianco: cosa rischia adesso il Pd

Dopo anni di confusione interna, coincisi più o meno con la fine della leadership di Matteo Renzi, la vittoria di Elly Schlein nella domenica di passione delle primarie aperte regala al Partito Democratico un solo elemento di chiarezza: il Pd si sposta definitivamente a sinistra. Per i sostenitori della nuova segretaria, però, questa rischia di risultare l'unica vera buona notizia di una giornata che – comunque la si pensi – passerà alla storia del centrosinistra italiano. Perché dal voto nei gazebo del 26 febbraio 2023, che hanno designato la prima leader donna anche per via di un forte desiderio di rinnovamento da parte della base, i dem si potrebbero ritrovare in una condizione politica (se possibile) peggiore rispetto a quella già bella disastrosa del recentissimo passato per almeno tre motivi.

Lo scarto minimo

Era la sesta volta che gli elettori del Pd venivano chiamati a scegliere il proprio segretario nazionale dal 2007 a oggi e le primarie dell'altra sera hanno indicato il divario minore tra il primo e il secondo arrivato nelle preferenze: nemmeno 7 punti percentuali separano infatti Schlein da Stefano Bonaccini. Sintomo del fatto che – forse inevitabilmente – quasi metà dei sostenitori che si sono recati a votare il proprio rappresentante partitico non si rispecchierà nella nuova leader. Qualcuno potrebbe anche obiettare che, rispetto ai plebisciti dei vari Veltroni, Bersani, Renzi e Zingaretti, quest'anno ci sia stata quantomeno un'appassionante battaglia. Tuttavia il risultato di 53,5% a 46,5% affonda il coltello nella piaga in un partito che è già storicamente lacerato da profonde divisioni.

Il ribaltamento in casa Pd

A proposito di divisioni, emblematico in questo senso è il rovesciamento totale del risultato ottenuto ai circoli da parte degli iscritti del Partito Democratico, che sembrano ormai avere apparecchiato l'incoronazione di Bonaccini al Largo del Nazareno: quel 53% preso poco più di una settima fa dal presidente della Regione Emilia-Romagna equivale (curiosamente) alla percentuale che la Schlein si è aggiudicata alle primarie. Questo significa che più di qualcuno, all'interno del mondo dei notabili locali, storcerà il naso davanti a questi dati: non si possono escludere vendette politiche da parte di alcuni esponenti che sostenevano Bonaccini. E del resto non sarebbe la prima volta che la minoranza interna del Pd cominciasse a combattere il segretario eletto già dal giorno dopo il suo insediamento. È capitato con i 'big' che avevano stravinto con oltre il 70% dei voti; figuriamoci, a maggior ragione, dopo un successo di misura.

Alleanze, scissione e rischio irrilevanza

Infine, il futuro del Pd a livello di consenso elettorale: riuscirà Elly Schlein a conquistare più voti rispetto al minimo storico raggiunto lo scorso autunno? Dovrà risollevare il Partito Democratico dal misero 19% che Enrico Letta aveva abbandonato alle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Tuttavia sarà complicatissimo attrarre voti dall'esterno: anzi, rischierà di perdere le preferenze dei "moderati" (insieme a una conseguente scissione all'interno del partito in direzione Renzi) e, contemporaneamente, di non strappare consensi significativi al Movimento 5 Stelle, che veleggia in un beato isolamento per il fatto di non avere mai avuto una prospettiva politica. Un'ipotetica alleanza tutta tonda tra Pd, grillini e area Verde (ancora tutta da dimostrare) comporterebbe una netta polarizzazione con il centrodestra. Tutto questo lascerebbe uno spazio non indifferente al centro, con il Terzo polo che diventerebbe strategico negli equilibri politici se decidesse di decollare, smettendo così di essere una grande incompiuta. Se però questa fantomatica coalizione tutta a sinistra non dovesse prende piede, il pericolo per un Partito Democratico populista è quello alla lunga di diventare irrilevante, con percentuali a una cifra.

Un po' come è successo recentemente ai socialisti francesi.

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