Le ville e la causa per riavere 300 milioni di gioielli

Le residenze di lusso in Svizzera e il braccio di ferro con lo Stato italiano per riprendersi il tesoro nei forzieri di Bankitalia

Le ville e la causa per riavere 300 milioni di gioielli
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Anche se i Savoia sono sempre stati molto riservati su questo punto, il patrimonio della ex Casa Reale italiana si articola in numerose attività immobiliari. Vittorio Emanuele è morto a Ginevra, non è chiaro in quale residenza, certo è che alcuni mesi fa la storica villa di Vésenaz da duemila metri quadri è stata messa in vendita. Insieme alla moglie Marina Doria viveva ormai in pianta stabile nella lussuosa residenza a Gstaad, in Svizzera.

Non c’è una lista ufficiale delle abitazioni, si dice che la famiglia abbia diverse proprietà in Svizzera, a Roma, in Corsica e in Portogallo. Menetre l’erede Emanuele Filiberto e la sua famiglia si dividono tra le residenze di Parigi e Montecarlo. Dopo la scomparsa di Vittorio Emanuele, è probabile che l’eredità finisca al figlio, che tra l’altro è proprietario attraverso Casa Reale Holding delle squadre di calcio Savoia 1908, Real Agro Aversa e del Portici che militano nei dilettanti.

Il vero cruccio di Casa Savoia, peraltro al centro di una disputa processuale con l’Italia, è il tesoro di gioielli e monili appartenuti ai reali italiani e consegnati all’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, dall’ultimo re d’Italia, Re Umberto II, all’indomani del referendum del 2 giugno 1946 che ha sancito la nascita della Repubblica italiana. Non esiste una valutazione recente, ma circolano stime in base alle valutazioni applicate nelle aste di Sotheby’s che valuterebbero il tesoro in 300 milioni di euro. Vi sono, però, anche pareri discordanti: per esempio, in una nota pubblicata in risposta a un articolo del Corriere della Sera uscito nel 2021, il gioielliere Gianni Bulgari (parte della famiglia dell’omonimo marchio di gioielli) ha affermato di essere stato chiamato negli anni Sessanta dalla Banca d’Italia a visionare il tesoro di Casa Savoia e di essere rimasto colpito dalla qualità modesta dei gioielli.

Pur non avendo fatto alcuna stima, Bulgari sostiene che i gioielli non valgano più di qualche milione di euro. Sta di fatto che la Procura di Roma, che nel 1976 si era trovata a inventariare il contenuto del cofanetto a tre piani dove sono contenuti i preziosi, aveva contato 6.732 brillanti, 2 mila perle di diverse misure montati su collier, orecchini, diademi e spille, per un totale di quasi 2mila carati. Il pezzo forte sarebbe il diadema della Regina Margherita, portato anche dalla Regina Elena. Gli eredi di casa Savoia, tra cui il defunto Vittorio Emanuele, oltre alle sorelle Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice li rivogliono indietro perché in quella collezione ci sono anche oggetti acquistati dalla famiglia Savoia e non solo in dotazione per l’esercizio delle funzioni reali. Una richiesta di restituzione dei gioielli era stata recapitata nel 2021, ma respinta dalla Banca d’Italia.

Ne è scaturita una causa civile con la richiesta, da parte del legale dei Savoia, di sollevare la questione davanti alla Corte Costituzionale. Ma il giudice in sede civile non ha acconsentito. La prossima udienza sarà il 2 ottobre, con i Reali che pensano a ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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