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Violenze verbali, purghe e censure: il vero volto della sinistra

Difendono Saviano che insulta Meloni e censurano Facci che non la pensa come loro. Elogiano i giornalismi militanti e purgano Petrecca perché "meloniano". E per lo stesso motivo vogliono zittire la Venezi. Altro che ritorno al Ventennio, sembra un regime comunista

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"Bastardo" è un insulto. Sia che lo dici a un semplice cittadino sia che lo affibi a Giorgia Meloni. E lo è anche se a dirlo è l'intoccabile Roberto Saviano. Non è diritto di critica come credono certi pseudo intellettuali né una qualche "forma di cultura" come ha sproloquiato Michela Murgia. E se lo vai a dire in tv, rischi di finire querelato. E la querela non è, come invece sbraitano a sinistra, una forma di censura.

Anche "ministro della mala vita" è un insulto. Sia che lo dici a un politico di sinistra sia che lo affibi a Matteo Salvini. E lo è anche se a dirlo è sempre lui: Saviano. Nemmeno questo è diritto di critica, come hanno provato a far credere i suoi supporter. Se lo scrivi in un post sui social, ti becchi una querela facile. E nemmeno questa querela è, come invece denunciano a sinistra, una forma di censura: Saviano non ha mai smesso di dire la sua. E nessuno a destra ha mai dubbitato che possa continuare a farlo. Tanto che a novembre avrà uno spazio tutto suo su Rai 3. La trasmissione si chiamerà Insider.

A sinistra, invece, con le purghe ci sono sempre andati con la mano pensante. Negli ultimi giorni gli stessi, che con Saviano si sono sempre dimostrati iper liberali, hanno messo sotto processo Filippo Facci per una frase di troppo sul caso La Russa junior. Pretendono che venga estromesso dalla Rai. Anzi, visto che non ci è ancora entrato, che non ci metta proprio piede. "Non è compatibile con il servizio pubblico - l'arringa di Elly Schlein - la tv pubblica non può essere affidata a chi esprime queste parole". La sentenza: niente striscia prima del Tg2. E questo puzza un tantino di censura.

Anche a RaiNews tira una brutta aria. Lì a finire sotto processo è stato il direttore Paolo Petrecca. Come per Facci, galeotto sarebbe stato un servizio sul caso La Russa junior. Non si sa bene cosa pretendano Usigrai e giornalisti ma, se proprio non vogliamo parlare di censura, a sospettare di un tentativo di epurazione non si fa certo male. Perché, appena vedono un direttore non allineato, per di più accusato di essere "meloniano", parte subito la caccia alle streghe. Per farlo fuori, ovviamente.

Manco a dirlo: quelli che vogliono purgare Facci e Petrecca sono gli stessi che non più di un mese fa si stracciavano le vesti per Fabio Fazio, Luciana Littizzetto e Lucia Annunziata. Gli stessi che nei giorni scorsi sono rimasti zitti e muti, nascosti come struzzi, mentre i collettivi francesi protestavano contro l'invito di Beatrice Venezi, pure lei considerata "meloniana", all'Opera di Nizza. Gli stessi che a Lucca hanno abbandonato per protesta il concerto per il centenario della morte di Giacomo Puccini. Non volevano ascoltare il "fascistissimo" Inno a Roma. Temono ancora che l'Italia torni al Ventennio.

Anche se, a ben vedere, certe purghe ricordano i regimi comunisti.

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