N on convince. E, ascoltando le loro voci, le voci di piccoli e medi imprenditori e di artigiani, sembra proprio che non funzionerà. Insomma, appena partorito dal governo Renzi, il decreto legge Jobs Act, che traccia o dovrebbe tracciare le linee guida in particolare in tema di contratti a termine e di apprendistato, semina già dubbi, riserve. E scontento.
Un imprenditore che non ha mai mollato come Paolo Favaretto, titolare della «Carrozzeria moderna» a Mestre, un centro multiservizi che provvede a interventi di carrozzeria, di meccanica e di elettrauto, parla chiaro: «Così non si cambia un bel nulla. Per rilanciare le piccole e medie imprese occorrono aiuti sotto forma di incentivi e di sgravi fiscali. Noi qui le tasse le vogliamo pagare, intendiamoci e io sto resistendo perché non ho mai licenziato un dipendente dal 1998. Ma sono tante le piccole aziende che in questa zona fanno fatica. Che da sei mesi non riescono pagare gli stipendi. Ci aspettavamo un decreto che partisse dalle scuole che introducesse una vera riforma dell'apprendistato. Perché un giovane entra in una azienda per fare uno stage di un mese o di tre settimane non impara nulla. Noi, qui alla Moderna siamo in diciotto e siamo come una famiglia, ci aiutiamo tutti. Da soli. Ho preso tre apprendisti recentemente e visto che abbiamo fatto, proprio recentemente, un investimento coraggioso di mezzo milione di euro per ingrandire l'azienda potrei anche pensare di assumerne altri perché, grazie al cielo, il lavoro sta arrivando. Ma non posso scontrarmi con tutti i costi che la burocrazia mi impone. E che questo Jobs Act non ha certo eliminato.
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