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"Zaki? Il governo Meloni non si aspettava un grazie"

Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli interviene sulla vicenda di Patrick Zaki e assicura: "L'Italia è tornata centrale in politica estera"

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"Il volo di stato è un'opportunità, non un obbligo. Questa polemica ci lascia indifferenti". Così il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, intervistato da ilGiornale.it, smorza i toni sulla vicenda del ritorno di Patrick Zaki in Italia.

Eppure, qualcuno sostiene che quello dello studente egiziano sia un vero e proprio sgarbo nei confronti del governo Meloni. Lei cosa ne pensa?

“Il governo in questi mesi non ha operato con l'Egitto per farsi ringraziare da Zaki. Siamo contenti che sia stato liberato. Queste cose non si fanno per avere la riconoscenza del singolo. Lui dovrebbe ringraziare Al Sisi che lo ha graziato sicuramente per il rispetto che gli egiziani poetano a Giorgia Meloni. sono contenti che, da un anno a questa parte, abbiamo riallacciato le relazioni diplomatiche senza fare alcun baratto anche perché la cooperazione internazionale va a vantaggio della povera gente, secondo i principi delle Nazioni Unite”.

È cambiato l’atteggiamento del governo con i Paesi del Nord-Africa?

“La Meloni si è posta come un leader autorevole che non va a fare il prepotente e non si fa mettere i piedi in testa. Non abbiamo avuto atteggiamenti neocolonialisti e arroganti e questo comportamento corretto, alla fine, ha pagato. Nel passato, invece, abbiamo avuto governi poco credibili che non erano pronti a difendere gli interessi italiani e che avevano un atteggiamento spocchioso da primi della classe che i nordafricani, spesso, interpretano come para-razzista. Bisogna stare sempre molto attenti a come ci si comporta con un Continente che è stato sempre insultato dall’Europa e dall’Occidente. La correttezza e la lealtà pagano sempre”.

Roma nei prossimi giorni sarà al centro di due eventi molto importanti: il summit sulla sicurezza alimentare dell’Onu e la conferenza sui migranti organizzata dalla Farnesina. L’Italia torna così centrale nello scacchiere internazionale?

“Certo, nei prossimi giorni a Roma ci saranno 24 capi di Stato, 100 ministri e 160 Paesi accreditati. C’è un’attenzione nei confronti dell’Italia che mancava da quasi 30 anni. L’Italia è tornata grande in politica estera non mostrando i muscoli, ma autorevolezza, forza e correttezza”.

Quale obiettivo vi ponete con la conferenza sui migranti?

“Vogliamo esportare l’accordo che abbiamo fatto con la Tunisia a tutta la regione del Nord-Africa allargata e ciò significa includere anche il Sahel per creare sviluppo in loco, non solo come Italia ma come Unione Europea. Vogliamo contrastare l’immigrazione illegale, incentivare quella legale e attuare il ‘Piano Mattei’, e un’iniziativa politica che va riempita di finanziamenti. La Meloni ha, infatti, convinto l’Europa sul fatto che l’Africa possa diventare una grande opportunità”.

Non vi preoccupa il fatto che il presidente tunisino non sia proprio un convinto democratico?

“C’è da dire che in Africa non ci sono molte democrazie e non possiamo pensare di imporre il modello europeo dall’oggi al domani in società che devono fare il loro percorso. Le dobbiamo accompagnare, ma se le abbandoniamo avremo Paesi deboli che diventeranno dittature vicine alla Russia e alla Cina.

Abbiamo visto com’è finita con le bombe o con le primavere arabe”.

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