Interrogati i due arrestati: scena muta Brianza, rivolta contro i centri islamici

In Brianza non c’è ombra di una moschea. Solo «centri di preghiera» e «cultura». Li chiamano così. Per la verità a Desio, la piccola Islamabad, con una comunità di 2500 pachistani, i fedeli di Maometto hanno tentato il colpo grosso. Si erano messi in testa di comprare il palazzetto dello sport: una struttura con 8mila posti a sedere, ex tempio del basket. Poi delle presenze inquietanti - personaggi sospetti, predicatori Salatiti, radicali fondamentalisti tenuti d’occhio dai servizi - convinsero gli stessi musulmani a rinunciare. Il generale Nicolò Pollari, da capo del Sismi, aveva indicato Desio come possibile rifugio di qualche estremista islamico. Bocciato il palasport, i musulmani avevano pensato di costruire una moschea. Ma andò tutto a monte. Adesso si ammassano in uno scantinato sotto un palazzo di via Forlanini ed in un edificio in via Vercesi. «Chiedo alle forze dell’ordine una stretta vigilanza – dice Marina Romanò assessore alla Sicurezza – Ma è impensabile che Milano riversi sulla nostra città i suoi problemi. Inviteremo il nostro sindaco a chiarire la questione con Letizia Moratti». «Nella nostra città – riferisce Ambrogio Fossati, sindaco di Lissone - esisteva un centro d’accoglienza: lo abbiamo chiuso. Credo che gli islamici che risiedono qui frequentino Desio e il centro culturale la Pace di Macherio, dove andavano spesso i marocchini arrestati martedì». A Renate, paese natale del cardinale Dionigi Tettamanzi, la giunta si oppose all’utilizzo di una palestra. «Noi – sbotta Giacinto Mariani, sindaco di Seregno – non abbiamo intenzione di concedere strutture agli islamici.

Adesso che neppure a Milano esiste una moschea ci mancherebbe solo di ospitare i musulmani del capoluogo». Intanto ieri a Milano i due marocchini arrestati martedì con l’accusa di progettare attentanti, hanno fatto scena muta nel primo interrogatorio in carcere.

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