Per un appuntamento col segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, la trafila è la seguente. Telefoni, risponde pronta una segretaria che ti passa la gentile vicecapufficio stampa che ti mette in contatto con la soave portavoce, Francesca D’Avello, la quale combina la cosa. Grazie a questo amabile gineceo, mi presento alle 16 in via Margutta, sede del rigoglioso sindacato di destra, erede della modesta Cisnal del tempo che fu.
Sul rigoglio dell’Ugl non ci piove: ha in affitto un’elegante e proibitiva palazzina di tre piani ai piedi del Pincio. Nell’atrio, mi accoglie la bionda Francesca, ovale modiglianesco, e mi fa strada. Giunti all’anticamera del capo, dalla stanza attigua si affaccia tipo sentinella una signora. Mi squadra e ci dà il via libera per il sancta sanctorum.
«Benvenuto», dice la leader quarantaseienne in pantaloni e golfetto a strisce. Mi guarda dritto negli occhi e stringe virilmente la mano. Ingiunge: «Sieda» e a Francesca dice: «Resta».
«Lei è la prima donna d’Europa a capo di un sindacato», dico per rompere il ghiaccio, vagamente raggelato da questo clan di amazzoni.
«Ce l’ho fatta. Ma non ci avrei scommesso», sorride sotto i capelli a frangetta.
«C’è riuscita, nonostante il machismo della destra», dico.
«Non è solo la destra a mancare di generosità con le donne. Sono necessari molti sacrifici, le giovani devono saperlo».
«Tipo?».
«La rinuncia agli affetti. Ma ora, per dare un senso al mio successo, l’impegno è cambiare le cose e semplificare la carriera alla donna», e lancia un sorriso d’intesa alla portavoce.
«A scapito degli uomini. Lei ha infatti imposto all’Ugl l'aurea regoletta: “A parità di merito, il posto va alle donne”. Che cavolo di regola è?», dico in nome dei maschi.
«La regola di quando comanda una donna», dice con un’improntitudine così spontanea che scoppiamo a ridere tutti e tre.
«L’altra regola femminista da lei introdotta è: “Mai riunioni dopo le 17”, per consentire alle sindacaliste di tornarsene in famiglia».
«Si possono decidere cose importanti anche di mattina. È quello che faccio».
«Finita l’intervista, sarà metà pomeriggio. Correrà subito a casa ad accudire suo marito?», chiedo.
«Io sono in servizio 24 ore su 24. Se si vuole crescere, bisogna adattarsi agli orari storicamente imposti dagli uomini».
«Figli non ne ha. Ma suo marito ne soffre?».
«Come tutti i mariti, si lamenta. Ma come i mariti intelligenti, ha capito che il lavoro mi piace. Si complimenta spesso con messaggini via cellulare».
«Chi porta i pantaloni in casa?».
«Entrambi, letteralmente. Porto la gonna per ragioni di forma solo da segretario generale. Quando non ho riunioni, come oggi, torno ai pantaloni. Le suore in collegio non riuscivano mai a mettermi in gonna».
«Cresciuta in collegio?».
«Per nove anni. A Focene, al mare, per ragioni di salute. Mia mamma, vedova da quando avevo due anni e mezzo, non poteva accudirmi».
«Sua mamma era sindacalista Cisnal. È cresciuta a pane e sindacato?».
«Mamma era commessa e sindacalista interna in un supermercato alimentare della Sma».
«Famiglia fascista?».
«I miei non erano neanche orientati a destra».
«Ma la Cisnal era il sindacato del Msi», obietto.
«Fu una scelta squisitamente sindacale. Da vedova, una signora della Cisnal la aiutò a trovare lavoro. Di qui, l'impegno».
«Per il cgiellino Epifani lei è “una tosta”. È un complimento?».
«Se avere la schiena dritta e idee proprie, significa essere tosta, mi riconosco. E credo sia una virtù».
«Differenze tra l’Ugl e la Triplice?».
«La storia. La nostra è stata più difficile. Discriminati per decenni. Lo dico sempre ai miei: “Noi siamo più bravi, se siamo qui nonostante gli ostacoli”».
«Ha scioperato più contro il Cav che contro Prodi».
«Il precedente governo Berlusconi partì col piede sbagliato. L’attacco all’articolo 18, alle pensioni, ai redditi da lavoro. Con gli altri facemmo sei scioperi unitari contro. Prodi è invece durato poco, giusto il tempo per l'Ugl di fargliene uno, da sola».
«Siamo in crisi. Quanto in crisi?».
«Tanto. Ogni giorno, i lavoratori vanno in cassa integrazione. Per tacere dei precari che rischiano di non rinnovare i contratti. L’incertezza del futuro aggrava la crisi».
«Per gli esperti ne usciremo a fine anno».
«Le previsioni fatte dagli stessi che non hanno intuito lo sconquasso, vanno prese con le molle», dice e fa un sorriso, tra l’ironico e il disprezzo, che merita approfondimento.
Si dice: approfittiamo della crisi per dettare nuove regole. La principale secondo lei?
«Togliere il nostro destino dalle mani di quelli che sostengono che il mercato si autoregoli».
Antiliberista?
«Di più. Guai se saranno gli economisti che hanno causato il disastro a fare le nuove regole. Quelli che ora dicono: “Lo Stato intervenga, ma poi lasci”».
Un compromesso.
«Un’incoerenza. Da loro, vorrei un mea culpa e dieci passi indietro. Ci sono dentro tutti. Adesso, dicono solo che il meccanismo si è inceppato. Ma tacciono sul quando e come ripartirà».
Più global o antiglobal?
«Ritenevo la globalizzazione un’opportunità. Mi sono ricreduta. I deboli si impoveriscono, i ricchi lo diventano a dismisura. Globalizzazione sì, ma governata».
È liberista o socialista?
«Liberista, mai. Sono per un socialismo buono e una migliore distribuzione della ricchezza. La redistribuzione capitalista è una favola. Favorisce speculazioni finanziarie e rendite incontrollate».
Non vedo differenze tra lei di destra e i suoi colleghi di sinistra.
«Io sono una sindacalista. Mio compito è migliorare la vita dei lavoratori».
È una fan di Muhamed Yunus, il Nobel banchiere dei poveri. Meglio di Corrado Passera che soccorre la Fiat?
(ride a crepapelle) «Yunus ha valori etici forti, aiuta intere popolazioni. Ha messo in risalto il ruolo delle donne nel rilancio dell’economia. Quanto a Passera mi fa piacere che si impegni per l’auto, settore chiave. Va decisamente apprezzato. Ma non c’è paragone».
L' Italians go home dei sindacati inglesi?
«Guerra tra poveri. Colpisce che avvenga in Gran Bretagna che è all’avanguardia nell’integrazione. La crisi genera incertezze. Io stessa mi sto schierando con i protezionisti e i nazionalisti».
I provvedimenti anticrisi del governo?
«Vorrei un fisco più benevolo con le famiglie. Sui bisogni familiari il governo è distratto».
Lavorare la metà, per lavorare tutti?
«Il licenziamento è un trauma immenso. Se serve a evitarlo, può essere una delle strade da percorrere».
Donne in pensione alla stessa età degli uomini?
«Slogan, superati dai fatti. Le lavoratrici sono già costrette ad andare in pensione tardi per cumulare i contributi. Ma se si vogliono favorire le nascite, bisogna prevedere per la maternità un bonus previdenziale supplementare a carico dello Stato. Tipo i contributi figurativi in vigore per i politici e noi sindacalisti».
La Cgil non ha firmato la riforma contrattuale sottoscritta da voi, Uil e Cisl.
«E dalle coop di sinistra. Abbiamo fatto mille tentativi per convincere Cgil. Si è chiusa a riccio».
Per Carlo Azeglio Ciampi, nessuno doveva firmare senza Cgil.
«L’unità è un ottimo auspicio. Ma non si può concedere alla Cgil il potere di veto».
Epifani vuole fare la mosca cocchiera della sinistra?
«Ha certamente un conservatorismo che lo avvicina alla Rifondazione comunista di Paolo Ferrero».
L’hostess Daniela Martani che si pavoneggiava al «Grande Fratello» invece di prendere servizio?
«Molti padri di famiglia sono in cassa integrazione. Doveva lasciare il Gf non a malincuore ma tornare orgogliosamente al lavoro».
Quant’è di destra lei?
«Quanto basta per occuparsi del sociale. La parte buona della destra è quella che la pensa come me».
Fini o Storace?
«Fini. Ha portato la destra al governo, l’ha traghettata in An e domani nel Pdl».
Oltre a Fini, quale politico le piace di più?
«D’Alema. Un politico strutturato, capace di mostrare e dimostrare ciò che pensa».
Più tranquilla col Cav o meglio Prodi?
«Con Berlusconi c’è, quantomeno, un governo. Con Prodi abbiamo avuto due anni di stress. La sua maggioranza ne inventava una ogni giorno. È stata la sua peggiore nemica».
Marcegaglia, presidente Confindustria?
«Ottimo rapporto, al di là dei ruoli. Il fatto di essere donne ci permette una comunicazione più diretta e sincera».
Lei è una trita femminista?
«Il femminismo ha avviato ciò che abbiamo conquistato. Ma non dobbiamo essere né trite né rancorose. Per rispetto di noi stesse».
Finora ha fatto la mammoletta rifiutando incarichi politici.
«Sono stata eletta segretario Ugl nel 2006. Molti hanno scommesso su di me. Il mio posto è qui».
Perfino Veltroni voleva candidarla. Come lo ha ammaliato?
«Abbiamo un ottimo rapporto. È sempre stato presente alle nostre iniziative. Ma ho risposto di no».
Quanto ci vorrà perché accetti un seggio in Parlamento e diventare, smentendo la sua vita, una pensionata d’oro?
«Mi accontenterei di andare in pensione. Con i chiari di luna di chissà se riuscirò mai».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.