«Io, la prima italiana a Barcellona Il viaggio che m’ha cambiato la vita»

Valeria Grieco partì per la Spagna grazie all’idea di un docente. Ora è professoressa e si occupa degli studenti stranieri in Italia

L’appuntamento è alle 11 in aula magna come ogni anno. Il primo passo per partire inizia da qui. Una commissione di docenti guarderà il libretto universitario di ogni singolo candidato, la media dei voti e deciderà a chi assegnare la borsa di studio per l'Erasmus. Fuori un gruppetto di ragazzi si è fermato a fumare. Parlano dei loro grandi progetti: Spagna, Francia, Inghilterra, Svezia e non sentono il freddo. Giulia è una ragazza di 23 anni, corso di laurea in lettere della Statale di Milano. Lei ha scelto la Francia, il suo sogno si chiama Sorbona. «Purtroppo sono solo tre mesi di borsa di studio, ma se riesco a partire, sfrutterò al massimo ogni singolo giorno». Per Luca, 25 anni, è diverso. Una carriera scolastica bloccata, è quasi arrivato alla fine, gli restano solo tre esami, quelli che ha sempre voluto rimandare. Ha fatto domanda per Inghilterra e Svezia. «A me basta partire. Ho scelto la Svezia perché so che a differenza dell'Inghilterra non è una meta molto richiesta e quindi spero di avere più possibilità. Ho bisogno di nuovi stimoli». In aula non c’è più posto, i ritardatari si sono accovacciati vicino alle pareti. Qualcuno ripassa, qualcuno previdente si è scritto un paio di frasi in tedesco su un bigliettino.
Tu quell'esame lo hai passato cinque anni fa, ma negli occhi degli studenti ci sono le stesse speranze e le stesse paure di sempre. Anno dopo anno le sicurezze sono aumentate, la convalida degli esami fatti all'estero è certa, prima di partire ci sono i corsi di lingua organizzati dall'università, e poi i programmi di orientamento, il tutor, la disponibilità dei compagni che sono già partiti. Ma resta sempre quel margine di incognita, di rischio che ti fa assaporare l'adrenalina, il senso dell'azzardo, la paura irrazionale dell'avventura. Tu - come loro - aspettavi con il cuore in gola, perché tutto quello che volevi era partire. Diventare un euro-studente. Poi Parti. Dodici mesi. Voli via, lontano da casa assapori il gusto dell'indipendenza. Nuovi compagni, nuovi professori, una città sconosciuta da vivere, una lingua che non è la tua, una casa multietnica.
Erasmus è studio, libri, notti, sogni, birra, viaggio, terre straniere, esami, amori, appartamenti misti di razze e generi. Un popolo di un milione e mezzo di studenti che in 20 anni ha colonizzato le università europee. Tutto è cominciato nel 1987. La prima colonia italiana era di 220 persone. La prima generazione europea di «erasmini» contava più di tremila studenti in tutto il continente.
La magia di Erasmus in fondo è proprio nel suo nome, nel libro più famoso del teologo di Rotterdam, nel suo elogio della follia, nel suo desiderio di tolleranza, nella sua fede senza tabù. Erasmus il più europeo tra gli umanisti, che all'inizio del cinquecento aveva percorso in lungo e in largo il suo Paese natale: l'Olanda. Poi Francia, Inghilterra, Italia e Svizzera, insegnando in varie università e predicando il pensiero nuovo. Erasmus è il segno, e il sogno, della prima generazione che si è sentita veramente europea, senza confini, senza barriere, senza dogane di lingua e costumi. L'Erasmus è la versione accademica e un po' meno maledetta dell'Interail, versione europea del mito on the road. L'Erasmus ricorda i tanti film sui campus americani visti al cinema o in tv. È una parentesi, una pausa, la vera fine dell'adolescenza, un limbo prima di entrare nel mondo dei grandi.
Il progetto originario della Cee era rilanciare alla grande la peregrinatio academica. Era il programma voluto dall'Europa per favorire la cosiddetta mobilità internazionale tra studenti. Ha funzionato. All'inizio il programma era partito un po' in sordina. C'era una certa diffidenza, le certezze riguardo alla convalida degli esami erano approssimative e il programma era poco pubblicizzato. Nell’87, l'anno d'esordio, le università europee che avevano aderito al progetto erano una trentina, e 24 gli atenei italiani. Il primo piano per la mobilità si chiamava «Viaggiare imparando perché l'Europa dei cittadini diventi una realtà concreta». Questa «peregrinazione di migliaia di studenti dovrebbe portare a decine di migliaia di matrimoni misti, tanto che fra 30 anni avremo veramente una élite europea» dichiarava con entusiasmo Umberto Eco.
Roberta è partita nove anni fa per Parigi. «Non riesco a crederci che sono passati già nove anni. Sono stata a Parigi tra febbraio e giugno nel ’93. Io sono stata davvero fortunata perché ho vissuto in una delle più belle capitali d'Europa, a due passi da Notre Dame, in un Foyer Internazionale sull’Ile Saint Louis. Sembrava che tutto il mondo si fosse dato appuntamento lì: americani e nordafricani, studenti europei o della provincia francese. E l'Università? Io ero in una delle Grandes Ecoles, gemellata con l'Università di Venezia dalla quale arrivavo. All'inizio è stato difficile, soprattutto l'impatto con la lingua, ma poi è filato tutto liscio perché a dir la verità in Italia i nostri esami sono più difficili e complessi». Nel 1987 i Paesi erano 14. Oggi le possibilità si sono moltiplicate. Le nazioni che hanno attivato lo scambio, oltre ai vecchi Paesi dell'Unione Europea, sono Bulgaria, Cipro, Estonia, Islanda, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Malta, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania. La borsa di studio della Ue è di 120 euro al mese. Poi ogni università ci mette del suo. Campare non è facile. Molti erasmini lavorano e studiano.
Alcuni raccontano l’esperienza sul blog. Come Michela, che è tornata in autunno da Ludwigsburg, dove il sole tedesco quasi non batte mai. Questo è il suo addio: «Ho festeggiato con i miei inquilini per 14 ore. L’alba ci ha sorpresi in terrazza. Non so bene come spiegare il sentimento che si prova quando bisogna lasciare tutto. Dopo i primi mesi, è come se tu avessi sempre abitato in quella casa, con quelle persone. Con quelle nuove abitudini, sembra così idiota dover tornare al passato. E poi puff, via, tutto d’un tratto, qualcuno prende il tuo posto e inizia per lui o lei tutto ciò che ti ha fatto così tanto cambiare. Vi lascio, con l’ultima raccomandazione... partite per un po’. Fa bene alla salute!».


Il nuovo scaglione è già partito. Vent’anni fa la generazione Erasmus contaminava l’Europa. Il simbolo di questa stagione, in fondo, è un appartamento, magari spagnolo, dove ognuno pensa, ama e parla in una lingua diversa.

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