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«Io, la polizia parallela e Ignazio La Russa»

Stefano Tacconi, «di destra ma non fascista», racconta i suoi incontri con i politici-poliziotti nel mirino dei magistrati

«Io, la polizia parallela e Ignazio La Russa»

da Roma
Sulla sua pericolosa discesa in politica e sulla «polizia parallela» di Gaetano Saya e Riccardo Sindoca, Stefano Tacconi dice la sua. L’ex portiere della Juventus e della nazionale respinge l’etichetta di «fascistissimo» per la sua appartenenza al nuovo «movimento sociale-destra nazionale» del capo della Dssa e per la prima volta svela i retroscena delle sue frequentazioni con i politici-poliziotti nel mirino della procura di Genova.
Tacconi, si dichiara fascista oppure no?
«Assolutamente no, il fascismo è morto tanti anni fa. Sono un uomo di destra, questo sì. Stiamo vivendo un’epoca difficile, ma siamo in democrazia e le leggi bisogna rispettarle».
Si aspettava che Saya e Sindoca, suoi colleghi di partito nel nuovo Msi, sarebbero finiti agli arresti domiciliari?
«Sinceramente non avevo mai pensato a ciò che poi ho letto sui giornali».
Come si interruppe la vostra frequentazione?
«Era da un po’ di tempo che ci pensavo. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando trovai sul sito internet del partito la mia foto in qualità di candidato alle elezioni Regionali, vicina a simboli della massoneria, dell’islam. Anch’io odio l’islam, ma bisogna avere rispetto di tutti, non si possono dire e scrivere certe cose. L’esasperazione di questi signori mi preoccupava ogni giorno di più».
Oggi può dirsi pentito di quell’esperienza?
«Io sono un impulsivo, per questo ho fatto tanti passi falsi, ma ho sempre agito in buona fede. Boniperti, il grande presidente della Juve, mi ripeteva sempre: Stefano, conta fino a dieci prima di prendere una decisione. Aveva ragione lui...».
Ma come è finito a fare il candidato del nuovo Msi-Dn?
«Ho parlato con Sindoca e Saya solo perché loro mi hanno contattato. Mi hanno proposto di candidarmi alle Regionali. Ingenuamente ho accettato dopo essermi informato un po’ in giro. Quei due dicevano che puntavano a un nuovo partito di destra, vicino ad An, così non ci ho pensato sopra e ho accettato. Ma, ripeto, tempo qualche giorno e mi sono spaventato».
Perché?
«Perché questi personaggi erano a dir poco particolari. Si davano un sacco di arie, e poi avevano un modo di fare inusuale, sospetto. Si presentarono all’inaugurazione della sede con la Digos alle spalle, e quando chiesi spiegazioni mi dissero di essere “troppo potenti”. Il rapporto con Saya e Sindoca si è interrotto di lì a poco, all’ennesima discussione e con una lettera in cui mi comunicavano che ero stato sospeso. Ho detto loro che non condividevo nulla, che non me la sentivo di continuare. Me ne sono andato di corsa e non ho partecipato alla competizione elettorale per le Regionali in Lombardia».
Torniamo alla sua «fede» politica. Tacconi come Paolo Di Canio?
«Rispetto il modo di vivere e di pensare di Di Canio, ma non è il mio. Io voglio la tranquillità, per me, per la mia famiglia, per i miei figli. Non sono un professionista della politica ma vorrei cimentarmi lo stesso con la formazione che ho nel cuore, An, certamente non con Alessandra Mussolini. Se sono uscito in tempo dalla trappola del nuovo Msi-Dn lo devo al mio amico Ignazio La Russa: mi disse di lasciar perdere e lo feci. Per fortuna lo feci...

».

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