«Io, sotto scorta per aver salvato il governo»

Roma«Il giorno di Natale non sono uscita di casa per consentire alla mia scorta di trascorrere il 25 dicembre in famiglia».
Allora è vero che vive sotto protezione, onorevole Polidori?
«Sì, a Roma, Città di Castello e Siena, le mie tre città. Da quando esco di casa, alla sera quando torno. Mi accompagnano fino alla porta del mio appartamento. Lì mi chiudo dentro e la mattina dopo tornano a prendermi. Devo avvisare due ore prima quando esco. Devo programmare la mia vita».
Una vita stravolta dal giorno del voto di sfiducia a Berlusconi, il 14 dicembre?
«Il Viminale ha deciso di assegnarmi una scorta dopo alcune minacce di morte».
È pentita di aver lasciato Fini?
«Assolutamente no».
Se tornasse indietro farebbe la stessa scelta?
«Mi comporterei nello stesso identico modo. Fini sapeva, perché glielo avevo detto in un colloquio con il capogruppo, che non avrei potuto votare la sfiducia. Quella mattina, prima del voto, mi confidai soltanto con un collega, un parlamentare del Pdl umbro come me, che conosco dall’infanzia».
Nei giorni precedenti lei non aveva avuto alcun contatto con Berlusconi?
«Assolutamente no. Assolutamente no. Non sapevo nemmeno come avrebbe votato Silvano Moffa. Alle dieci di sera ci eravamo lasciati dicendo: votiamo ognuno secondo coscienza».
Non ha avuto promesse o colloqui sul suo futuro con qualcuno del Pdl?
«Davvero non ho avuto nessun contatto. L’ovazione di sorpresa dai banchi del Pdl dopo il mio voto testimonia la mia buona fede. Da economista non avevo intenzione di lasciare il Paese senza guida in un momento del genere, poi sono stata presidente dei giovani imprenditori, ho una realtà da cui vengo e che devo rispettare. Credevo nell’azione di Fli, ma prima che diventasse un partito».
Ci spieghi quando è iniziata la storia delle minacce.
«Quello stesso pomeriggio del voto, al telefono».
Rispondeva lei personalmente?
«All’inizio sì, poi facevo rispondere alcuni colleghi, perché potessero testimoniare. Quando andai in questura mi dissero che la polizia postale aveva già rilevato minacce su Facebook e su altri siti. Poi sono iniziate ad arrivare minacce di morte sulla mia mail. Da lì a poche ore il ministero dell’Interno ha deciso di assegnarmi una scorta».
Cosa c’era scritto?
«Non vorrei drammatizzare, l’odio fa circolare l’odio. Ora le mail si sono calmate, anche se ogni tanto ne arriva una molto cattiva. Tre giorni fa è stata spedita a casa dei miei genitori una cartolina con una minaccia pesante».
Ha paura?
«Mi sento protetta e sono convinta che trattandosi di una decisione politica, siccome insomma non sono un pentito di mafia, nel giro di poco tutto si tranquillizzi. È chiaro che la vita è cambiata. Se decido di andare a fare un giro, o semplicemente se ho bisogno del pane, non posso uscire. So che anche altri deputati ora hanno la scorta».
Intende Scilipoti, o Razzi, o Moffa?
«Sì, di Moffa non mi risulta».
Qualcuno le rimprovera di essere stata proprio lei ad aver aperto i lavori a Bastia Umbra, la convention di Fli in cui Fini chiese la testa di Berlusconi.
«Aprii i lavori il sabato per fare gli onori di casa, ma nessuno sapeva che Fini la domenica avrebbe chiesto le dimissioni di Berlusconi. Molti di noi rimasero attaccati alla seggiola, non si alzarono, dopo il suo discorso. È stata una sorpresa, come una sorpresa è stata la mozione di sfiducia. Fini ripeteva come un mantra il contrario».
Ossia?
«Ripeteva che saremmo stati sempre leali al governo. E sulla mozione...

Alle due del pomeriggio, per dire (del 3 dicembre ndr) mentre le agenzie battevano la notizia della mozione di sfiducia, noi in realtà non l’avevamo ancora firmata. Ci avevano informato mezz’ora prima con un sms. E io decisi di firmare solo la sera, con mille rassicurazioni che si trattava soltanto di tatticismo».

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