Entro la fine del mese si concretizzeranno le audizioni di oltre duecento persone interessate a vario titolo alla vita e alla sopravvivenza del settore ippico. Liniziativa, al di fuori di ogni altro precedente, suppongo fortemente voluta dal ministro Luca Zaia, è comunque da apprezzare, anche se può lasciare più di qualche dubbio. Le maggiori perplessità, nascono dalla vastissima e composita platea alla quale sono rivolti i quesiti dellaudizione, con particolare riferimento alla loro sinteticità e in un certo senso riduttività, che presupporrebbero una conoscenza, almeno in gran parte condivisa, di una serie di problemi estremamente complessi e incancreniti.
Tentativo, comunque apprezzabile, in un ambiente dove, nella normalità dei casi ci siamo trovati da sempre a subire interventi, il più delle volte, con effetti disastrosi, quali per esempio la ormai famosa legge n. 449, del 99, senza che il settore ne fosse minimamente sensibilizzato. Tanto meno «spiegato» come dicono a Napoli. Di altri provvedimenti, dimostratisi disastrosi, sempre in ambito di «segrete stanze», ne potremmo parlare allinfinito. Basti ricordare lultima convenzione tra Unire e ippodromi, tra laltro dichiarata successivamente nulla da una sentenza della magistratura. I cui effetti perversi, sono sotto gli occhi di tutti: lEnte ha investito somme imponenti, che non hanno risolto gli annosi problemi legati a queste strutture fondamentali per il settore; ippodromi inadeguati e fatiscenti, salvo alcuni (pochi) lodevoli casi, ma soprattutto uno stato di grande disagio e una conflittualità molto accentuata al loro interno.
Con gli esempi del passato recente, diventa ancora più apprezzabile liniziativa del nuovo modus operandi del ministro Zaia, che non avrebbe permesso di assumere provvedimenti di così rilevante importanza senza per lo meno mettere al corrente, anche per sommi capi, il settore e valutarne le reazioni.
Il vero rischio della commissione, alla quale, mi pare di capire, sarà demandato il compito (non facile), di trarne una sintesi, se ne venga fuori con il solito «librone dei sogni», come ne abbiamo già avute altre edizioni in passato.
Mi auguro, per lamore che tutti portiamo allippica, e per il rispetto delle oltre duecento persone che si prodigheranno in questo tentativo, che questa volta si possa uscire non con un libro dei sogni o con un altrettanto inutile quanto costoso incarico di studio per un piano industriale, per una «industria» che non esiste.
gianfranco.fabbri@gmail.com
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