Gian Micalessin
Europa e Stati Uniti distillano mozioni, battono i tortuosi corridoi del Palazzo di Vetro, si consumano alla ricerca di una via duscita diplomatica sempre più lontana e sempre più incerta. Israele già dibatte di attacchi missilistici, allarmi nucleari e strategie da guerra fredda. Le due realtà, le due opzioni sono già sul tavolo. Al Consiglio di sicurezza è arrivato ieri notte il testo della mozione messa a punto da Gran Bretagna e Francia, con lapporto esterno della Germania, per imporre uno stop alle ambizioni nucleari iraniane. Ma è una mozione nuda, una mozione disarmata. Una mozione che non fa cenno a sanzioni né ad altre misure coercitive se Teheran continuerà a ignorare le pressioni e le richieste della comunità internazionale. Prima di vederla approvata e trasformata in una risoluzione degna del suo nome bisognerà attendere, insomma, altre estenuanti trattative con Cina e Russia per concordare castighi e pene.
E Bush è intervenuto ieri sera dopo lincontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel: «LIran deve rinunciare alle sue ambizioni militari nucleari in nome della pace del mondo».
Secondo Nicholas Burns - lo sfortunato sottosegretario a cui Condoleezza Rice ha affidato la trattativa - «è tempo che i Paesi in stretti rapporti con lIran si assumano le loro responsabilità». Ma Mosca e Cina non sembrano prestargli molta attenzione. Così, anche dando fiducia al miglior ottimismo americano, non ci vorrà meno di un mese. In teoria il tempo non manca. A dar retta ai servizi segreti occidentali, i tecnici iraniani non riusciranno ad assemblare un ordigno nucleare prima di cinque-sette anni. Ma intanto lallarme monta. Leffetto psicologico fa decollare i prezzi del greggio, e i venti di guerra cominciano a spazzare la regione.
«Il Golfo Persico e il mare dOman sono ormai terreno di caccia per le forze armate della Repubblica Islamica, chiunque pensi di operare in questo specchio dacqua con obbiettivi militari sappia di essere nel raggio dazione delle nostre forze», annuncia con toni minacciosi il ministro degli Interni iraniano, Mostafa Pour Mohammadi.
Da Israele lanziano premio Nobel per la pace Shimon Peres - prossimo numero due del nuovo governo - risponde con parole che contengono un segnale di disponibilità e un duro monito. «Nelle viscere della terra si lavora a unarma di distruzione di massa che minaccia il mondo e Israele. Noi lanciamo un appello di pace e chiediamo ai capi iraniani di abbandonare i loro intrighi nucleari - avverte Peres -, ma se non lo farete ricordate che Israele è forte e sa come difendersi».
Le parole dellanziano statista, ispiratore politico del segretissimo e mai ammesso programma nucleare israeliano, sembrano ricalcare le linee di un doppio angosciante scenario tratteggiato dal quotidiano Haaretz. La rappresentazione disegna le due facce di una contesa nucleare con lIran che prevede da una parte lapocalisse di uno scontro aperto a colpi di missili nucleari, dallaltra la reciproca deterrenza. Lo studio, firmato da Reuven Pedatzur esperto del Centro di studi strategici dellUniversità di Tel Aviv, ha il sapore di un angosciante stimolo politico strategico indirizzato allesecutivo entrante di Ehud Olmert.
Nel primo scenario il premier Ehud Olmert deve reagire al lancio di 12 missili Shahab armati di testate atomiche. I missili sono già in volo verso Israele, pronti quindi a colpire nellarco di 12 minuti. Nei primi sei minuti i missili antimissile Arrow ne intercettano sette. Ne restano altri cinque pronti a colpire il Paese. Il premier ha ormai un solo minuto per reagire e può soltanto ordinare una devastante reazione colpendo, con altrettanti missili, le principali città iraniane.
Lipotesi del reciproco e devastante olocausto serve a Pedatzur per far comprendere lurgente necessità di un approccio allIran basato sul vecchio concetto di «deterrenza».
Il punto di partenza per la seconda rappresentazione è una riunione dei vertici politici militari israeliani convocati durgenza dopo la notizia di un riuscito esperimento nucleare sotterraneo iraniano. Nella simulazione Pedatzur traccia sette ipotetiche linee di condotta, che vanno dallavvio di trattative per il disarmo alla firma di un patto di difesa con gli Usa fino allattacco militare. Lo studioso fa però capire che qualsiasi risposta efficace deve prevedere la rinuncia preventiva all«ambiguità nucleare».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.