Israele, trovato l’accordo per il nuovo governo

Spiazza Abu Mazen la decisione di Hamas di creare una sua polizia

È un governo eterogeneo e per formarlo c’è voluto un mese; ma ora è quasi pronto e può contare su una maggioranza più ampia del previsto: 73 seggi su 120. In Israele l’era Olmert può cominciare, grazie all’accordo siglato ieri dal successore di Sharon e leader del nuovo partito Kadima, che alla Knesset ha 28 deputati, con i laburisti (19 seggi) e con il Gil, il partito dei pensionati (7 rappresentanti) grande sorpresa delle politiche del 28 marzo. A questi tre partiti si uniranno, una volta definiti gli ultimi dettagli, gli ultra-ortodossi di Shas che hanno 12 deputati e i sei della Lista Unita della Torah. È un pentapartito senza una forte identità politica, caratterizzato dalla convivenza innaturale tra la sinistra laica e di due partiti religiosi, ma sulla carta sufficientemente solido per permettere al primo ministro di procedere con il piano unilaterale di ritiro parziale dalla Cisgiordania e che lo stesso Olmert illustrerà il mese prossimo al presidente George W. Bush durante una visita ufficiale negli Stati Uniti.
Secondo il quotidiano Haaretz, Washington è disposta ad appoggiare, sebbene non ufficialmente, il progetto israeliano, che prevede il completamento del «muro di separazione» dai palestinesi, l'annessione allo Stato ebraico di porzioni di Cisgiordania, l'evacuazione di alcune colonie ebraiche e la definizione del confine orientale dello Stato ebraico entro il 2007. L’Amministrazione Bush non sarebbe tuttavia disposta a riconoscere le frontiere fissate unilateralmente dal governo israeliano, in quanto pretende «aggiustamenti» da concordare con i palestinesi.
Questo per il futuro; per ora Olmert deve varare la lista dei ministri ed è una missione non facile, specialmente per le frizioni tra i laburisti, a cui andranno sette ministeri tra cui quello dell'Istruzione e quello della Difesa che sarà guidato dal leader del partito Amir Peretz. Si tratta di un posto di importanza strategica per i rapporti con i palestinesi e tradizionalmente è ricoperto da un ex capo di Stato Maggiore mentre Peretz è un sindacalista. Il leader socialista è accusato dal partito di aver rinunciato ai «ministeri sociali» e oggi il Comitato centrale è intenzionato a procedere a un energico chiarimento, che potrebbe sfociare in una bocciatura dei candidati proposti da Peretz.
Nel nuovo governo dovrebbe rimanere agli esteri Tzipi Livni, di Kadima, mentre al numero due del partito di Olmert, Shimon Peres, dovrebbe andare la carica di vicepremier e il ministero per lo sviluppo della Galilea e del Neghev. Lo stesso Peres, però, è sotto inchiesta per aver ricevuto finanziamenti illeciti per 320mila dollari durante l’ultima campagna elettorale e rischia di essere processato.
Di certo la formazione del nuovo governo israeliano è seguita con molta attenzione dal presidente palestinese Abu Mazen, che ieri ha dichiarato di voler riprendere al più presto i contatti con Olmert per riavviare il processo di pace. Tuttavia la sua autorevolezza appare fortemente incrinata, dopo la decisione del governo di Hamas di procedere alla formazione di una nuova milizia di sicurezza, ignorando il veto posto dallo stesso Mazen. La nuova forza di sicurezza palestinese, forte di circa 3mila uomini, raccoglie miliziani di numerose organizzazioni estremiste, come le Brigate dei Martiri Al Aqsa, la Jihad Islamica e le fazioni armate del Fronte popolare e del Fronte democratico per la liberazione della Palestina. Ieri si è saputo che anche oltre 500 membri dei Comitati di resistenza popolare si sono uniti alla milizia.

Lo ha annunciato il portavoce del gruppo armato Abu Abir, durante una conferenza stampa a cui hanno preso parte una cinquantina di miliziani a volto coperto, armati con fucili e granate. Niente male per quello che dovrebbe essere un semplice corpo di polizia.

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