In Italia ora serve un progetto unitario

Nel mondo oltre 7 milioni di persone sono affette da malattie del fegato. Solo di epatite C, infatti, ci sono 170mila malati nel mondo e in Italia tra l'1 e il 2% della popolazione ne è affetta, mentre il tumore al fegato risulta essere la terza causa di morte.
A fronte di una situazione così allarmante dal punto di vista clinico, non si registra però un'adeguata organizzazione nel combattere e contrastare le patologie che colpiscono la ghiandola più voluminosa del corpo umano che gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo, e svolge una serie di processi tra cui l'immagazzinamento del glicogeno, la sintesi delle proteine del plasma e la rimozione di sostanze tossiche dal sangue.
Benché l'Assemblea mondiale della salute abbia tentato di porre riparo a questa grave situazione che condiziona in negativo l'operato dei sanitari, imponendo agli Stati membri undici provvedimenti da prendere per facilitare la cura delle malattie del fegato, l'Italia non ha ancora recepito ben otto di queste richieste.
L'aspetto più preoccupante è che in Italia manca ancora un censimento dei centri specializzati in epatologia e quindi l'accreditamento di questi presso il Ssn. Se sul piano istituzionale manca un coordinamento e un'organizzazione tra le molteplici strutture che si preoccupano di curare le malattie del fegato, non mancano, al contrario, iniziative private finalizzate a riunire le associazioni di volontariato che si interessano di epatologia.
Proprio con lo scopo di federare tutte queste associazioni di volontari che si occupano di malattie epatiche e di trapianto di fegato, nel 2003 è nata la Federazione nazionale Liver-Pool che promuove iniziative ed eventi, come il convegno «Nuove frontiere nella cura delle malattie del fegato», organizzato dalla Copev lo scorso giugno alla Clinica Mangiagalli di Milano, a favore di una migliore prevenzione e assistenza alle persone ammalate e le loro famiglie.
Nonostante la ricerca scientifica in questo settore sia sicuramente avanzata, tanto che la cura dell'epatite B è oggi in grado d'assicurare ottime percentuali di completa guarigione, ancora una volta la mancanza di un progetto unitario finalizzato al contrasto di questa patologia fa sì che al momento soltanto la metà dei malati riesca ad accedere alle terapie.
L'obiettivo non è più, quindi, soltanto di trovare efficaci cure alle malattie del fegato, quanto quello di aumentare le possibilità di accesso a esse. Anche nel campo della trapiantologia sono stati fatti dei passi da gigante, purtroppo le donazioni restano ancora nettamente insufficienti.


Pochi sanno, a esempio, che anche nel caso di trapianto da vivente l'evoluzione chirurgica ha permesso di ottenere dei risultati strabilianti sia per la sicurezza del ricevente sia del donatore.

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