Italia ostaggio dei tiranni del "timbro"

Le bucce alla Casta le hanno fat­te tutti, anche noi, forse per primi, quando svelare i privile­gi dei parlamentari costituiva "reato di qualunquismo"

Italia ostaggio dei tiranni del "timbro"

Le bucce alla Casta le hanno fat­te tutti, anche noi, forse per primi, quando svelare i privile­gi dei parlamentari costituiva «reato di qualunquismo». La scorsa setti­mana Il Giornale ha ficcato il naso nelle retribuzioni (alcune folli) dei cosiddetti boiardi di Stato, cioè dirigenti di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica, dimostrando - documenti alla mano ­che il denaro dei cittadini non viene sper­perato solamente dai signori del potere legislativo. E oggi vorremmo riprendere un tema da me personalmente lanciato lunedì scorso a Porta a porta e sviluppa­to ieri, sul Corriere della Sera , da Angelo Panebianco con molta efficacia.

Ci rife­riamo ai prìncipi della burocrazia ovve­ro gli addetti alla macchina (obsoleta) statale, la cui principale attività consiste nel complicare le cose semplici, fino a renderle incomprensibili,e nell’impedi­re qualsiasi riforma tesa a svecchiare il Paese. I burosauri sono personaggi scono­sciuti ai cittadini, non vanno in televisio­ne, i loro nomi non appaiono sui giorna­­li, ma sono i veri padroni del vapore. Nel Palazzo non si muove foglia senza il loro consenso.

Essi sono il vertice della fami­gerata «dittatura del timbro». Scrivono le leggi, redigono i regolamenti, insom­ma fanno il bello e il cattivo tempo, a pia­cimento. Qualsiasi iniziativa assunta dal gove­r­no e dalle Camere viene attuata dalle al­te sfere dell’impiego pubblico, da esper­ti o presunti tali che si comportano secondo gli schemi di una classe sacerdota­le: adottano un linguaggio inizia­tico e ingarbugliato, sollevano eccezioni,sono maestri nell’arte di cavillare. Fanno di tutto per do­minare la materia ed escludere chiunque altro dalla possibilità di maneggiarla con cognizione di causa. In questa maniera di­ventano indispensabili.

Di fatto non sono a disposizio­ne dei politici. Al contrario, co­mandano subdolamente su chi dovrebbe impartire loro ordini ma, in realtà, non è nemmeno in grado di farli rispettare perché non ha dimestichezza con la macchina (costruita apposita­mente per essere guidata soltan­to da iniziati). I burocrati hanno eretto una vera e propria barriera insormon­tabile tra il dire e il fare. Il politico dice e il funzionario cerca di non fare, e ci riesce benissimo, giusti­ficando la propria inazione con vari pretesti di carattere legale e procedurale. Questo è vietato, questo è inopportuno, quest’al­tro va contro le norme. Già.

L’It­a­lia è un Paese che adora le norme ma le applica per demolire e mai per edificare. L’apparato non è al servizio né dei cittadini né dei loro rappre­sentanti. È al servizio di se stesso ed è efficiente soltanto quando si tratta di esercitare un potere osta­tivo o di creare, attraverso regole intricate, i presupposti di paraliz­zanti contenziosi. Risultato. Il politico, davanti al burosauro, è uno scolaretto inti­midito, incapace tecnicamente di ribellarsi ai dinieghi dell’inse­gnante. Ecco perché non funzio­na nulla. D’altronde i ministri e i sottosegretari passano, mentre i direttori generali, i funzionari, i consiglieri eccetera rimangono fino alla pensione. Ovvio, bravi o no che siano, chi li licenzia? So­no inamovibili.

Ben pagati. Il ca­stello burocratico è enorme. Po­chi vi si orientano. Migliaia di uf­fici, scrivanie, volti grigi; e che sti­pendi! Chi controlla chi? Cia­scun funzionario bada a non infa­stidire il collega per non esserne infastidito a propria volta. L’uni­ca vera preoccupazione della Ca­sta amministrativa è mantenere il monopolio delle carte e di inca­sinare le pratiche allo scopo di apparire insostituibile. Spesso i politici stanno al gioco per illu­dersi di non subirlo. Si adattano nella speranza di conquistare la benevolenza dei sacerdoti del timbro e delle vestali del sacro fal­done.

Basti pensare che il bilancio dello Stato è un mistero. Per es­serci c’è. E si può perfino compul­sare. Ma è un ginepraio di som­me. Mancano gli allegati in cui dovrebbe essere registrato ogni euro speso. Speso per che cosa? Non si sa. Si sa che decine di mi­liardi (contributi a fondo perdu­to) piovono nelle tasche di im­prenditori di cui però si ignora l’identità.Si ignora la motivazio­ne dei versamenti. Si ignora l’im­porto degli assegni.

Data la situazione, come fa un capo di governo, per quanto pro­fessore della Bocconi, a scovare le voci sotto cui si annidano gli sperperi? Poi c’è il Tar. Che esi­ste da quando esistono le Regio­ni. Prima non c’era e si viveva be­none lo stesso. Poi c’è la Corte dei conti. Poi c’è il Consiglio di Stato.

Poi c’è l'Avvocatura dello Stato. Poi ci sono le Authority. La macchina è mastodontica, chiunque vi si avvicina prova a gi­rare una vite ma il motore non s’avvia o si inceppa subito.Quan­to ci costa il fermo? Segreto. Che bella democrazia.

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