Un quarto degli italiani ricorre alle raccomandazioni, e si rivolge quindi a un politico, ai  diversi livelli istituzionali, per ottenere la soluzione di un problema inerente ai rapporti tra  pubbliche amministrazioni e cittadini. È quanto emerge da una ricerca del Censis, realizzata in  collaborazione con Trentino School of Management, presentata al Festival dell'Economia di  Trento. A questo dato, sottolinea il Censis, va aggiunta anche la quota di quanti hanno  preferito non rivelare tale comportamento. La motivazione più frequente (indicata dal 6,1%) è  legata a una emergenza di salute, per evitare liste di attesa o ottenere un ricovero in  ospedale. Seguono la richiesta di favori sul posto di lavoro (4,4%) e la richiesta di aiuto per  trovare un lavoro per un figlio o parente (5,2%), per accelerare la pratica della pensione  (3,5%), per iscrivere il figlio a scuola (3,2%) o per sveltire altre pratiche amministrative  (3,2%). Se nelle grandi città il fenomeno appare più contenuto, la conoscenza diretta di  politici e dirigenti pubblici favorisce le logiche clientelari nei centri più piccoli, laddove  sale al 27,7% la percentuale di quanti si rivolgono ai politici per la richiesta di favori.
 Ma l'indagine del Censis si è occupata anche di altro. In una fase congiunturale dell'economia  critica come quella attuale, il rinnovamento della macchina pubblica rappresenta per l'Italia  un'esigenza non più rinviabile. Il Censis mette in risalto alcuni temi a lungo dibattuti.
 Innanzi tutto i costi, ancora troppo alti. L'Italia è, dopo la Grecia, il Paese Ocse dove è più  costoso avviare un'impresa. Occorrono in media 5.681 dollari, contro i 1.960 della Germania, i  347 della Francia, i 318 degli Stati Uniti, i 285 del Regno Unito. Ma è anche il Paese in cui è  meno conveniente fare impresa. Nel 2009 l'incidenza complessiva delle imposte e dei contributi è  arrivata al 76,2% dei profitti, sopra Francia (66,3%), Stati Uniti (46,2%), Regno Unito (35,7%)  e Irlanda (28,9%). 
 Oltre ai costi, la ricerca del Censis rileva che la macchina burocratica va semplificata ancora  molto. Oltre a sopportare il più alto livello di tassazione tra i Paesi Ocse, ogni impresa  italiana è costretta ad effettuare in un anno in media 15 pagamenti al fisco, cui vengono  dedicate 360 giornate di lavoro: davvero troppe se confrontate con quelle necessarie in Spagna  (298), Germania (196), Francia (132) e Regno Unito (105). Anche la richiesta di autorizzazioni  per l'espletamento dell'attività imprenditoriale comporta un dispendio di risorse e di tempi. Per ottenere l'autorizzazione per costruire un capannone industriale, ad esempio, occorrono in  media 257 giorni in Italia, 144 nel Regno Unito, 137 in Francia, 100 in Germania, 40 negli Stati  Uniti.
 Manca inoltre un'adeguata comunicazione tra imprese e pubblica amministrazione. Le aziende  italiane presentano infatti uno dei più alti livelli di utilizzo di Internet nel rapporto con la  Pubblica amministrazione (l'82% contro una media europea del 70%), più elevato che in Francia  (73%), Regno Unito (64%), Spagna (64%) e Germania (56%). Ma gli uffici amministrativi sono  ancora lontani dai livelli di interattività necessari per facilitare realmente gli adempimenti a  carico delle aziende.
Italia, un Paese di raccomandati e di imprese vessate da tasse e burocrazia
Secondo una ricerca del Censis un quarto dei nostri connazionali si rivolge a un politico per accelerare esami clinici e ricoveri o per trovare lavoro a un familiare. Le tasse sulle attività economiche sono le più alte dell'Ocse. E la Pubblica amministrazione è antiquata
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