Giuseppe Salvaggiulo
da Milano
Un monologo apocalittico, uno sfogo ragionato, unanalisi spietata del degrado italiano. Dai giornali allindustria, dalla tv alla politica, destra e sinistra: un Paese sfasciato e (pare) senza possibilità di redenzione. È «Crescete & prostituitevi», il nuovo libro del giornalista Oliviero Beha (Bur, 161 pp., 8,20 euro).
Linvettiva parte dalla scomparsa dellintellettuale non compromesso con il potere. Come Pasolini, che descriveva lItalia di allora ma vedeva già quella di trentanni dopo, «che quotidianamente ci dà non più indizi ma prove provate del suo sfacelo morale». Beha smonta gli stereotipi del bipolarismo e «la trasformazione della politica in un fatto di tifo». Tangentopoli è «la grande occasione perduta» per lItalia, perché «a distanza di tredici anni siamo messi molto peggio». E per la sinistra sopravvissuta allantico regime. «Grandioso paradosso. Le fauci politicamente spalancate della sinistra, configurandosi come continuità ahimè simile di governo, permisero al magnate di Arcore di fare il medico pietoso e di presentarsi come fosse il nuovo, una figura di impolitico accattivante in superficie anche se non esattamente immacolata, un imprenditore da prima pagina, leponimo della discontinuità». «E da allora Berlusconi ringrazia», scrive Beha, che non risparmia strali alla «mutazione profonda» prodotta da berlusconismo, ma demolisce «lopposizione un po sgangherata (...) tra neo-acronimi di oggi con appellativi da cane come Gad e Fed e vecchie metafore agricole da frantoio come lUlivo. (...) È troppo evidente che si discute del nome perché la cosa non cè, o non cè abbastanza, o comunque è davvero indistinta».
Nella generale tensione al miserabile, «per rintracciare briciole di indipendenza di giudizio e di autonomia di pensiero bisogna cercare, e parecchio».
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