Italiani star in Gb I maestri di calcio di Sua Maestà

Finiti i tempi i cui i tabloid di Londra titolavano. «Stasera a Wembley, settantamila inglesi contro undici camerieri». Quella sera lì, un cameriere (per i gentiluomini della regina, gli italiani), un cameriere di nome Fabio e di cognome Capello, li mandò a scopare il Tamigi. Oggi i sessantamila, anzi i sessanta milioni di inglesi, fanno i conti con i proprietari del ristorante, con gli italiani che si stanno comprando un pezzo di isola. Dipende come, dipende chi. Nel football abbiamo esportato i cervelli migliori, Capello e Mancini o Zola, senza trascurare la coppia Trapattoni-Tardelli nella repubblica d’Irlanda, sono loro a spiegare e insegnare il gioco a quelli che si consideravano i depositari, i maestri del ludo medesimo. Ma da un po’ di tempo sono sbarcati anche gli uomini di finanza, non della finanza, e così il Queen’s Park Rangers e adesso il West Ham sentono parlare italiano non soltanto in panchina ma alla cassa. Caliendo Antonio, sì proprio lui, ha passato la mano a Briatore Flavio e dice di aspettare ancora alcune pendenze contabili dall’uomo della provincia granda piemontese. Al West Ham c’è un direttore sportivo nostrano, Nani e sembra che sia stato lui ad allacciare contatti con Cellino Massimo, padrone del Cagliari, per rilanciare le sorti della squadra e del club indebitato. C’era una volta, in Inghilterra, la French Connection, l’invasione dei francesi (che i gentiluomini di cui sopra chiamano ancora e sempre «frogs» perché amano mangiare, tra mille cose, pure le rane) si realizzò sul terreno di gioco, da Desailly a Deschamps, da Pirez a Anelka a Henry, a Evra, Silvestre e mille altri oltre ai tecnici Houllier e Wenger per citare i più famosi. Oggi si scrive e si parla di Italian job, titolo di un buon film del 1969, con Michael Caine, storia di banditi e grandi fughe in automobile per le strade di Torino. Qualsiasi riferimento è puramente casuale anche se agli inglesi piace da pazzi stuzzicare non soltanto quelli che arrivano sull’isola ma pure i parenti, irlandesi, gallesi e scozzesi.
Ma qui ci sono gli Italiani, l’ultimo arrivato dei quali, Cellino appunto, viene presentato in maniera contradditoria. Il Times, addirittura, ha scritto che Cellino è stato l’uomo che ha attratto Zola dal Chelsea al Cagliari e dunque, adesso, Zola stesso vorrebbe ripagare il piacere. In verità i rapporti tra i due sono pessimi, Zola non conserva memorie dolci della sua ultima esperienza cagliaritana, non ne parla volentieri. Cellino dovrebbe, stando alle cronache di finanza, risolvere i 60 milioni di euro di debiti che pesano sul Westh Ham nei confronti di cinque banche. La situazione è precipitata quando l’ex proprietario del club, Bjorgolfur Gudmundsson, restò vittima del crac finanziario della Landsbanki, l’istituto di credito islandese che aveva, praticamente, in mano il 41 per cento del West Ham.
Poi ci sarebbero altri dettagli da chiarire. Innanzitutto le norme Uefa vietano di possedere la maggioranza in due club, anche se di Paesi differenti, poi in Inghilterra esiste un regolamento etico che proibisce a personaggi coinvolti e condannati penalmente di avere un ruolo, addirittura qui la proprietà, di una società calcistica.

Cellino in passato venne condannato per truffa alla UE e poi per falso in bilancio, la sua residenza attuale è a Miami, il progetto di investimento nel West Ham non del tutto chiarito, la squadra, tra l’altro, potrebbe essere punita dalla Football Association per i disordini accaduti in occasione della partita con il Millwall, valida per la Carling cup. Sessantaquattro arresti, aggressioni alla polizia e dunque la probabilità di giocare a porte chiuse i prossimi incontri. Il quadro non è felice, l’italian job anche.

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