ITALIANO in estinzione La pubblicità speak english

Tra l’Alighieri e Shakespeare chi hanno scelto, secondo voi, i famosi creativi della pubblicità nostrana? Elementare: William. Nonostante gli sforzi di Roberto Benigni per celebrare Dante, nonostante le cantiche in numero di tre, il popolo dei telespettatori è assediato, aggredito, dalla lingua made in England, là dove la rivoluzione industriale ha avuto inizio ecco che gli industriali rivoluzionari (!) distribuiscono il loro vocabolario commerciale, immediato, conciso, superficiale.
Life is now è lo slogan che accomuna italiani del nord e del sud, partendo dal centro, alla voce Roma-Totti, testimone improbabile di una campagna che usa il romano-romanesco «aòòòò» per globalizzarlo con la frasetta inglese che fa tendenza e cassetta. Detta in italiano, la vita è adesso, avrebbe comportato il versamento dei diritti di autore al Baglioni Claudio e alla sua canzone meravigliosa.
Qualcosa di analogo, nel senso del dialetto rivisto ma non corretto, si era intravisto e sentito con «du gusti is megl che uan», faceva tornare alla mente l’italofrancese di Totò e Peppino in piazza del Duomo a Milano, «nu vulevòn savuàr», che venne anche utilizzato per la pubblicità di un allegato del Corriere della Sera.
I creativi non pescano dal nulla ma utilizzano modalità e frasi di uso antico e comune, riproponendoli come avanguardia. Vado a memoria: in principio c’era la bionda francese «oui je suis Catherine Deneuve», come Luigi XV dopo di lei il diluvio. Femmine di ogni tipo che si facevano immaginare, sfiorare, toccare, tutto e dappertutto ma poi, improvvisamente e maledettamente, «don’t touch» l’orologio che di colpo diventava lo strano oggetto del desiderio rispetto a tanta roba bella. George Clooney vive sul ramo del lago ma naviga al massimo tra No Martini No party e What else, con la stessa, identica, eterna espressione di quello che arriva a Roma e non può vedere il Papa. Divo americano + prodotto italiano, totale perfetto.
Se si tratta di profumi non si scappa, J’adore Dior è frase ambigua, blasfema ma lo slogan diventa robetta dinanzi alla maestosa Charlize Theron che riappare magica con l’orologio Breil «touch feel» ma si era fatta riconoscere anche camminando di spalle a Capri, mentre il suo abito, infilzato da una sedia, offriva uno spogliarello censurato, sul più bello, dalla scritta Martini e da un misterioso Mientras en Capri che stimolava l’insulto e la voglia di trasferirsi a Ischia.
Shock your time, telegramma per chi volesse avvicinarsi agli orologi Chronotec, nel sottofondo, per scuotere il tempo e altro, c’è la musica grunge punk dei Foofighters. Eva Green, nerissima nel costume e nel capello, fa cose da pazzi come Cenerentola a mezzanotte, dondola sull’altalena mentre le lancette del grande orologio, tipo Big Ben, si avvicinano all’ora fatidica, il suo profumo appunto è una pozione di mezzanotte che, però, è tradotto per il mercato; la solita voce da maniaco francese segnala «pour Christian Dior», i fratelli Grimm e Perrault si rivoltano nella tomba.
Anche Gucci si butta su un New Fragrance, la Nuova Fragranza odorerebbe forse di detersivo, severamente proibito l’uso della lingua italiana. Anche i padanosiculi Dolce & Gabbana fanno farfugliare in inglese la loro pubblicità mentre ragazzi e ragazze si baciano, si esibiscono, Calvin Klein impone la bionda Scarlett Johansson che bacia, fa all’amore sotto la pioggia e, non bastando, socchiude le sue labbra con un finale mozzafiato «Eternity moment»; un Momento eterno avrebbe fatto venire in mente orazioni funebri.
Fotografare con Nikon is different, ascoltare Radio Rtl è da very normal people, la casalinga di Voghera per intenderci, le automobili sono occasione ideale per trasmettere il messaggio acchiappante in italiano con finalone inglese, Enjoy touring (Bmw), VYp (Very Ypsilon People), Volvo for Life, Do you speak Micra?, va da sé che per essere originali ci si veste come tutti o quasi, indossando i jeans cioè, con i Levi’s per essere, alla fine, «Be original».
Settore tecnologie: meglio non addentrarci fra telefoni, macchine fotografiche, cineprese, gli acronimi e le sigle sono mille, pixel, zoom, blue tooth, file, Mp3, iPod, per le spiegazioni occorrono dizionari scientifici, specifici.
Nel campo sportivo nulla è impossibile, specie per i fuoriclasse con la palla o la pallina, calcio, golf, tennis, basket, ma, trattandosi di disciplina mondiale, meglio «Impossible is nothing».


L’italiano si difende come può, le frasi gergali, nella maggior parte in romanesco (Bonolis-Laurenti-De Sica), trovano l’espressione massima con Gigi Proietti, il suo «a me mi piace» è la risposta all’invasione anglofrancese. In grave ritardo ho forse capito perché quell’uomo biondastro, con la camicia jeans aperta sul petto, non doveva chiedere mai. Non conoscendo l’inglese non lo avrebbe capito nessuno.

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