
Un'occasione per scoprire che l'anima non dà vita solo agli uomini, ma anche agli animali, ai paesaggi e ai riti. Che può essere un peregrinare e soprattutto che è un vocabolo, anzi un'idea senza sinonimo. Di qui l'inevitabile ripetizione per annunciare l'apertura del "Viaggio dell'anima: Graciela Iturbide", la mostra fotografica in 84 scatti curata dall'antropologo visuale Sergio Raúl Arroyo e aperta gratis agli studenti, ma anche a chiunque voglia vistarla all'Exhibition Hall dell'Università Iulm in via Carlo Bo, 7. Ieri per l'inaugurazione è arrivata proprio lei, l'artista messicana vero e proprio monumento vivente alla storia della fotografia. Intenso e ricco di confidenze il fitto dialogo con il professor Massimo De Giuseppe, artefice della mostra e preside della Facoltà di Arti, moda e turismo che racconta la sua lunga frequentazione con Città del Messico, diventata oggi protagonista di un fermento che ha superato per intensità le grandi capitali classiche della creatività come Berlino.
"L'Università Iulm ha detto la rettrice Valentina Garavaglia è orgogliosa di ospitare non solo un evento artistico, ma un'occasione di dialogo e formazione culturale per i nostri studenti e per chi vorrà prendersi un po' di tempo per questo grande viaggio. Perché Iturbide tocca le corde profonde della realtà e del mito, mostrando la vita nella sua complessità".
Di qui a Iturbide il Sigillo dell'Ateneo. "La mia macchina fotografica è stata in realtà il pretesto per conoscere le culture del mio Paese e poi anche di altri popoli", assicura offrendo una chiave per entrare in un mondo disegnato da suoi immortali capolavori come la Mujer angel o Nuestra Señora de las iguanas. Un percorso dello spirito che attraversa il suo Messico, dai deserti del nord alle aree tropicali dell'Istmo di Tehuantepec, India, Bangladesh, Giappone, Madagascar e meravigliosamente anche la nostra Sardegna "alla ricerca dell'anima nascosta e sorprendente del quotidiano", spiegano i curatori. "Persone, animali, piante, pietre, paesaggi sono uniti da un filo invisibile che ci aiuta a riflettere intorno al silenzioso scorrere del tempo, alla ridefinizione degli spazi, al rapporto vita-morte, all'anima che si nasconde all'interno del nostro sguardo". Fotografie analogiche, in bianco e nero che sono cifra di una delle più grandi fotografe contemporanee con mostre permanenti tra Moma di New York, Getty di Los Angeles, Pompidou di Parigi e che ha esposto tra Tate Gallery, Kyoto Photografic Museum e la Fondazione Cartier. Affascinante e quasi da Realismo magico il Maestro de geometria ritratto in Madagascar nel 1991. "Fu lui a chiedermi di fargli una foto. Ed eccola qui", racconta lei con la semplicità di una bambina e la profondità di una sciamana. "Insieme allo spazio - spiega De Giuseppe - respira il tempo, a scandire il movimento. Ci sono echi della storia, nel paesaggio di scimmie, uomini e uccelli a Forte Amber a Jaipur come nelle cartoline di eroi della narrazione patriottica messicana (Hidalgo, Morelos, la Corregidor) tolti però da una cornice istituzionale e appesi a un muro dietro a un contadino della Sierra Norte di Puebla con i suoi sandali consumati".
Con Arroyo ad assicurare che "le sue immagini sono sempre state lì; sono parte di una geologia spirituale le cui pietre ci osservano a loro volta, incursioni dell'occhio fotografico che si tuffa nell'invisibile". Tutto apparentemente semplice. "La foto che preferisco? La prossima che scatterò, assicura lei con la sapienza dei suoi 83 anni.