Jarogniew Wojciechowski & C.

Jarogniew Wojciechowski aveva diciotto anni, era un laico ed era capogruppo delle associazioni salesiane giovanili a Poznan. Suoi compagni erano Edoardo Kazmierski, ventun anni, Francesco Kesy, vent'anni, Czeslaw Jozwiak, ventun anni, ed Edoardo Klinik, ventun anni. Vennero arrestati dalla Gestapo nel 1940 e ghigliottinati nel carcere di Dresda nel 1942. Nello stesso giorno moriva a Dachau, in seguito alle torture, il sacerdote Massimiliano Binkiewicz, trentasei anni, prefetto degli studi nel seminario di Wielun, in diocesi di Czestochowa, arrestato nel 1941. Anche questi sei martiri fanno parte del gruppo dei cento e otto polacchi uccisi dai nazisti e beatificati nel 1999. I cinque giovani associati salesiani erano stati processati con l'accusa di «aver promosso il tradimento di Stato». Nel 1989, in occasione del bicentenario della Rivoluzione Francese, un'inchiesta giornalistica volta a stabilire qual fosse, nell'immaginario dei più, il simbolo di quell'avvenimento, si trovò di fronte a una risposta tanto corale quanto sconcertante: la ghigliottina. A questo «simbolo» ho dovuto dedicare un intero capitolo del mio nuovo libro, I mostri della Ragione 2 (Ares). Singolare che l'avanzatissimo (tecnologicamente) nazismo avesse conservato quell'antico sistema capitale, per di più d'importazione. Ma Hitler era un ammiratore sfegatato di Napoleone, anche se il corso aveva a suo tempo umiliato la sua amata Germania. La sua tomba fu l'unica cosa che il Führer volle visitare quando mise piede a Parigi nel 1941. La cosa è stata spiegata con la psicologia, ma non basta.
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