Jean Sorel è nato a Marsiglia, ma gli italiani lo "sentono" dei loro. E italiani sono stati i suoi trionfi, coi leoni d'oro vinti alla Mostra di Venezia da Vaghe stelle dell'Orsa di Luchino Visconti e Bella di giorno di Luis Buñuel. Accanto a Claudia Cardinale nel primo caso, a Catherine Deneuve nel secondo, Sorel aveva ruoli ambigui in vicende torbide, come se i registi volessero deturparne la bellezza. Nella realtà Sorel è diverso tanto dai suoi personaggi quanto dal cliché del divo. Innanzitutto è sposato da quasi mezzo secolo con l'attrice romana Anna Maria Ferrero. Jean e Anna Maria vivono a Parigi e passano le estati a Crans-sur-Sierre; da lì raggiungono volentieri Milano. Segni ammonitori di questa milanesità di complemento si sono annunciati presto per entrambi. Lei era ragazzina quando interpretò - in Napoletani a Milano - di Eduardo De Filippo - la commessa in di piazza del Duomo; Dino Risi, milanese, l'avrebbe poi coinvolta nella truffa a un gioielliere di piazza Diaz, compiuta da Vittorio Gassman nel Mattatore. Quanto a Sorel, conobbe Milano nell'agosto 1969, girando L'amica di Alberto Lattuada, intreccio di adulteri tanto borghese da sembrar parigino.
Signor Sorel, per lei Visconti e Lattuada; per sua moglie Risi e De Filippo: tre registi milanesi e un napoletano ma che, quella volta, girava a Milano.
«Forse il nostro è un destino. C'è un altro caso: nell'Ombrellone, ancora di Risi, io ero accanto a Enrico Maria Salerno, milanese anche lui».
«Milanese» anche Stendhal: da un suo libro, Il rosso e il nero, viene lo pseudonimo che lei si scelse...
«... però la mia agente scelse Jean Sorel, da Julien Sorel, solo perché breve. Allora ciò era più importante di adesso».
All'anagrafe lei invece è...
«... Jean de Combault-Roquebrune. Più qualche altro de».
Nobile?
«Nobile».
Visconti apprezzava il dettaglio?
«Abbiamo parlato spesso insieme, ma mai di questo».
Rispetto alla suburra cinematografica, lei doveva spiccare.
«Forse. Posso solo dire che - pur geniale e con gusti eleganti, di trent'anni in anticipo sugli altri - Visconti non si comportava come un aristocratico francese».
Per esempio?
«Dava del tu al cameriere. E lo trattava male».
Una cosa detta da Visconti su Milano che la colpì?
«Sono nato - mi disse - un'ora prima che l'ennesima Traviata andasse in scena alla Scala».
Lei ha conosciuto una Milano minore, quella d'agosto.
«Fu uno choc. Ero abituato a Parigi, che non si svuota mai».
Per gli esterni, strade senza folla sono un vantaggio. E poi lei era in compagnia.
«Ma uscire dall'Hotel de Milan in una via Manzoni deserta mi metteva a disagio. Quanto alla compagnia, il più assiduo era Mario Cecchi Gori, produttore del film».
Le parlava di lavoro oppure lui, fiorentino di Roma, voleva farle conoscere Milano?
«No, mi raccontava pene d'amore. Per ricompensa, un giorno, davanti a un negozio di scarpe, si offrì di comprarmele tutte».
Nell'Amica lavoravano Marina Coffa...
«... che era bellissima e giovanissima».
Perfetta per Lattuada.
«Infatti non era per lei che Cecchi Gori soffriva».
Per le pene di Cecchi Gori restavano le altre due attrici del film, Lisa Gastoni ed Elsa Martinelli.
«Posso solo dirle che non era la Martinelli a farlo soffrire».
Dunque era la Gastoni...
«... alla quale Cecchi Gori propose un nuovo, lusinghiero contratto».
Un'offerta che non si poteva rifiutare.
«Ma che lei rifiutò. Poche l'avrebbero fatto».
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