Washington - L'invio dei 30 mila uomini di rinforzi in Afghanistan risponde al "vitale interesse nazionale degli Stati Uniti", così il presidente americano Barack Obama ha annunciato all'accademia militare di West Point la nuova strategia per l'Afghanistan. La posta in gioco in Afghanistan "non è soltanto un test per la credibilità della Nato, ma riguarda la sicurezza dei nostri alleati e la sicurezza comune del mondo". Intanto, da Kandahar, un portavoce dei talebani ha fatto sapere i rinforzi "non faranno che rafforzare la resistenza degli insorti".
Più soldati ma ritiro dal luglio 2011 L'inizio del trasferimento delle truppe Usa fuori dall'Afghanistan comincerà nel luglio del 2011, dice il presidente. "I rinforzi americani e internazionali ci permetteranno di accelerare il trasferimento delle responsabilità alle forze afghane e di cominciare il trasferimento delle nostre forze fuori dall'Afghanistan nel luglio 2011". Mobilitazione "al ritmo più veloce possibile", ha detto nella Eisenhower Hall della storica accademia sull'Hudson - davanti a lui i cadetti in uniforme grigia, che dopo la laurea a maggio partiranno per il fronte - in modo da "prender di mira l'insurrezione e render sicuri i centri della popolazione". Ma per i quasi centomila soldati Usa mobilitati la prossima estate Obama assicura (e lo fa anche nei confronti degli americani), un nuovo Vietnam, "fa una falsa lettura della storia", gli Stati Uniti non hanno intenzione di restare in Afghanistan in eterno. Sette anni fa proprio a West Point l'ex presidente George W. Bush aveva tenuto a battesimo la 'dottrina Bush' sulla guerra preventiva. Obama, che si era schierato contro l' invasione dell'Iraq, affermando di "non essere contro tutte le guerre, ma solo contro le guerre stupide", è arrivato alla nuova strategia dopo tre mesi di discussioni con ministri, generali e leader alleati, tra cui l'Italia. Non è stata una decisione facile per il presidente, che la prossima settimana a Oslo accetterà il premio Nobel per la pace.
Il livello di truppe annunciato, a cui si aggiungono almeno cinquemila truppe addizionali ("e forse qualcuno in più, ha detto a Bruxelles oggi il capo della Nato Anders Fogh Rasmussen) da almeno otto nazioni alleate, si avvicina alla ipotesi mediana caldeggiata dal comandante nella regione Stanley McChrystal (un ex cadetto di West Point) e procederà con ritmi assai più rapidi del calendario originario. In questo Obama ha dovuto forzare la mano ai militari. Finora si era parlato di una mobilitazione che avrebbe preso un anno, ma il presidente ha concluso che la situazione richiede "di più e più in fretta": prima si arriva - è stato il ragionamento - e prima si ritorna.
L'impegno della Nato Gli alleati Nato sono pronti a fare
di più in Afghanistan e lo faranno. Il
segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen ha dato la prima risposta ufficiale dell’Alleanza Atlantica
dopo l’appello di Barack Obama che, annunciando l’invio di
30mila soldati ulteriori nel tormentato Paese, ha chiesto un
maggiore impegno dell’Alleanza Atlantica. "Se vogliamo rendere l’Afghanistan più stabile e noi
stessi più sicuri dobbiamo fare di più", ha detto Rasmussen.
Quella in Afghanistan, ha aggiunto, è "una nostra battaglia
insieme, e insieme dobbiamo portarla avanti. Tutti gli alleati
della missione devono fare di più". Ricordando il giro di
colloqui nella capitali europee degli ultimi giorni, ha
assicurato che "gli alleati hanno confermato che faranno di
più nel 2010", inviando sicuramente "altri 5.000 soldati e
probabilmente altri migliaia".
L'impegno dell'Italia A confermare l'impegno italiano è stato proprio il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lodando il piano presentato oggi da Obama. Berlusconi ha, infatti, fatto sapere che l’Italia "farà la propria parte" perché in
gioco c’è anche la lotta al terrorismo e "la nostra stessa
sicurezza". Il titolare della Farnesina, Franco Frattini, ha fatto avanzato l'ipotesi di un "graduale disimpegno dall’Afghanistan" da collocare non oltre il 2013.
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