Kaki King, dal metrò alle stelle

Gabriele Brambilla

«Si tratta della più incredibile esordiente degli ultimi dieci anni». Così, non molto tempo fa, scriveva il New York Times. E pensare che soltanto quattro anni fa Kaki King - originaria di Atlanta - suonava ancora lungo le linee «L» o «F» della subway newyorkese, vivendo di quei pochi dollari che riusciva a tirare su giorno dopo giorno. Ora fa saldamente parte dello star system internazionale, desiderata ovunque per il suo straordinario talento, che fa buona compagnia al merito di aver riportato il valore della chitarra acustica solista allo stato originario, quando tecnica e arte avevano confini molto più labili di oggi.
Dalle profonde viscere della metropolitana al cielo stellato del panorama musicale americano, e mondiale. In un batter d'occhio la poco più che ventenne Kaki King si è poi ritrovata, per pura coincidenza, prima a suonare al Tap Bar di New York e, dopo poco, al mitico Bonaroo. Per poi realizzare il passo decisivo verso la popolarità negli States con le prime apparizioni al celebre Late Show di David Letterman, dove avrebbe definitivamente messo in mostra la sua incredibile abilità nell'applicare la tecnica del finger picking («dito che pizzica»), dove melodia ed armonia si sposano su di uno stesso strumento.
Un felice incontro presso il Tap Bar le avrebbe permesso di lavorare ad una sua prima pubblicazione, quel Everybody loves you del 2003, edito in Italia l'anno scorso con doppia copertina e tre bonus track, giusto per presentarsi nel migliore dei modi, nel mese di ottobre, per la prima volta al pubblico milanese de La Casa 139, dove potremo rigustarcela proprio stasera dalle 21.30 (9 euro il biglietto).


Passa soltanto un anno e arriva subito il secondo - e più recente - lavoro, Legs to make us longer (2004). Fanno parte di questo cd l'ansiosa, ed ansiogena, Playing with pink noise, come la rilassante My insect life dove Kaki mette in luce anche la delicatezza della sua voce.

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