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Kenya, un paese al bivio. L'ambasciatore italiano: "Ad agosto il referendum per la costituzione"

Non solo turismo. Il Kenya è un paese che si sta risollevando dalla crisi grazie alle nuove tecnologie e a un settore agricolo molto sviluppato. L'Ambasciatre Pierandrea Magistrati: "Ad agosto il referendum per la nuova costituzione, potrebbe essere una svolta"

Kenya, un paese al bivio. L'ambasciatore italiano: 
"Ad agosto il referendum per la costituzione"

nostro inviato a Nairobi

Un pezzo d’Italia nel centro di Nairobi. Oltre gli slum c’è la faccia truccata della città, il cuore commerciale di un paese che si sta risvegliando dal torpore economico. Qui, al nono piano di un grattacielo polveroso c’è l’ambasciata italiana. Dietro un’ampia scrivania e davanti a una vetrata che si apre sulla city ci accoglie l’ambasciatore Pierandrea Magistrati. E’ un diplomatico di lungo corso: nel 76, a poco più di trent’anni, è già all’ambasciata italiana a Mogadiscio, da tre anni è in Kenya. L’accento è romano, la precisione è piemontese, come le radici paterne. Poco dopo il nostro arrivo un’inserviente ci porta un vassoio di espresso, e siamo subito a casa.

Ambasciatore il Kenya non è solo turismo, basta fare un giro per la Capitale per rendersene conto. Ci racconti l'altra faccia del paese, il negativo dei depliant turistici.
Il turismo è senza dubbio una delle fonti più importanti del budget. Ci sono certamente dei posti molto belli in Kenya: tutte le coste e i parchi nazionali, per esempio. Ma il Kenya ha un apparato economico notevole. Si è sviluppata una tecnologia industriale molto sofisticata, il web, le televisioni e la telefonia portatile hanno fatto dei passi da gigante. Un’altra grande risorsa del paese è l’agricoltura. Il Kenya è uno dei produttori di rose più importante al mondo, su tre rose che arrivano in Europa una viene da qui.

Quanti italiani vivono qui?
I nostri connazionali iscritti all’Aire sono circa 2.500. Poi ci sono altri italiani che non si iscrivono e di conseguenza non possiamo essere a conoscenza del loro numero. E poi c’è un grande flusso turistico, più di 70mila nostro concittadini vengono in Kenya in vacanza ogni anno.

Da chi è composta questa colonia tricolore?
Ci sono anziani residenti, persone che vivono qui da decine di anni, in alcuni casi sono anche nati qui. Poi famiglie di possidenti, proprietari di tenute agricole o di aziende. Molti imprenditori sono impegnati nel settore dell’edilizia. Sono arrivate molti italiani, negli ultimi anni, con Finmeccanica e con le ditte che costruiscono le strade. E poi c’è a Malindi una sede molto importante dell’Asi, Associazione spaziale italiana, il nome del progetto è San Marco. La sede è posizionata precisamente su un parallelo e questo consente di gestire molti satelliti internazionali. E’ un altro caso di eccellenza italiana.

Ambasciatore, nel 1996 qui, a pochi metri di distanza dal suo ufficio c’è stato l’attentato all’ambasciata statunitense. Probabilmente il primo attentato del nuovo terrorismo internazionale. C’è un problema di sicurezza in Kenya?
Bisogna fare una distinzione tra Nairobi e il resto del paese. La capitale ha quasi cinque milioni di abitanti e più della metà abita negli slum e la povertà produce criminalità. Tutto questo rende la città poco sicura. Ma fuori da qui la situazione è molto più tranquilla. L’unica zona a rischio è la frontiera con la Somalia, si tratta di un territorio difficilmente controllabile.

Il Kenya è a tutti gli effetti un paese in via di sviluppo. Dopo la crisi politica di due anni fa, seguente alle elezioni, l’economia si era arenata. A che punto siamo?
La ripresa c’è e tutto lascia pensare che la situazione vada consolidandosi. Ovviamente tutto dipende anche da come si evolverà la situazione politica. Nel 2008, dopo le discusse elezioni, il turismo è crollato. Da un momento all’altro sono saltate tutte le prenotazioni. Gli alberghi si sono svuotati. Ora la situazione è tornata alla normalità. Il 5 agosto si vota il referendum per la nuova Costituzione.

Che cosa succederà?
Il Kenya sta procedendo sulla strada delle riforme istituzionali. Il referendum deciderà sulla forma di governo. Dopo le rivolte di due anni fa le parti politiche si sono accordate per affiancare al presidente della Repubblica un primo ministro con poter simili. Ma così tutto è legato alla buona volontà delle due cariche che devono accordarsi. Una situazione che in Africa non può funzionare. E poi, dopo il referendum – e io credo che vincerà il sì alla nuova costituzione -, inizieranno le riforme della polizia, del sistema giudiziario e della proprietà terriera.

Ce la farà il Kenya a uscire dalla crisi?
Io sono ottimista, perché vedo tutto quello che c’è intorno al Kenya. Penso al Sudan, alla Somalia e all’Etiopia.

In questo panorama il Kenya è una luce.

 

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