Maria Rosa Quario
da Bad Kleinkirchheim
Janica Kostelic non sta più nella pelle, salta e ride, manda baci, alza gli sci al cielo, ringrazia gli uni e laltro, incassa pacche sulle spalle e non fa una piega. Vittoria di coppa numero 23 per lei, ma ieri al fondo della pista dedicata alla leggenda della Carinzia Franz Klammer, Janica ha festeggiato una grande prima. La croata infatti, pur essendo la campionessa del mondo di discesa, non aveva mai vinto una prova veloce di coppa nonostante sette anni di tentativi, spesso andati male, come nel 1999 a St. Moritz: allora, diciassettenne talentuosa e senza paura, Janica cadde e si frantumò il ginocchio destro, primo anello di un catena di infortuni che non le hanno impedito di diventare la numero uno, fuoriclasse a cui manca solo la vittoria in un superG per poter dire ok, ho vinto tutto, cosa mi resta?
Eppure la pista di Bad era facile, eppure non più tardi di 24 ore prima suo padre Ante si era lamentato, «scrivetelo accidenti, dite che non è possibile che le gare femminili siano sempre così banali, tracciature da bambini, velocità ridicole, coshanno paura, di avere a che fare con delle pensionate?». Il problema, caro signor Kostelic, è che non tutte le atlete hanno la classe di sua figlia, tanto più che spesso basta una secchiata dacqua per rendere pericolosa la pista più stupida, chiedere conferma ad Elena Fanchini, inciampata su una lastra di ghiaccio pochi metri dopo il via e paralizzata fino al traguardo, tagliato tirando un sospirone di sollievo con il 27° tempo: «Ho avuto paura, tanta. Già venerdì avevo rischiato di cadere per una spigolata sul ghiaccio, oggi la pista era di nuovo a lastre, lhanno bagnata e la neve era poco uniforme, o laggredivi o la subivi». Lei, la vincitrice della prima discesa stagionale, lha subita, forse preoccupata anche dal volo visto fare alla sorella Nadia, numero 3 al via, che ha tagliato il traguardo a pelle di leone. La crisi delle sorelle Fanchini, che stanno patendo linesperienza e la grande responsabilità finita troppo presto sulle loro giovani spalle, è passata ieri in secondo piano grazie allottima gara di Daniela Merighetti, scesa quando il pubblico cominciava ormai a sfollare. Con il nono posto la simpatica bresciana si è guadagnata un posto per lOlimpiade, quello lasciato libero da Isolde Kostner.
Posto per Torino conquistato ieri anche da Peter Fill, che dopo il podio in combinata ha ritrovato fiducia e sciato con sicurezza da veterano nella discesa del Lauberhorn, chiusa al sesto posto in mezzo ai grandi. Ha vinto un Daron Rahlves spaziale, lunico capace di affrontare con lucidità i quattro chilometri e mezzo della discesa più lunga del mondo, due minuti e trenta di spettacolo e sofferenza, per conferma chiedere a Ghedina e Miller, appaiati all11° posto con un distacco di due secondi e 41/100. Rahlves ha battuto nellordine Walchhofer, Strobl, Maier, Aamodt e Fill, il cui distacco di 209 è maturato quasi esclusivamente nei tratti più facili del tracciato, mentre sul muro finale il ventitreenne di Castelrotto ha sciato al livello di Rahlves. Maier, ai piedi di un podio che gli manca da fine ottobre, quando a Sölden vinse la sua 51° gara di coppa, si è detto comunque felice, «perché sento che la forma sta crescendo e perché finire davanti con un numero alto era difficile».
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